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Luxury Summit 2016, parlano i big del lusso

Luxury Summit 2016, parlano i big del lusso

Cosa hanno detto i numeri uno della moda
Il 26 e 27 maggio 2016 si è tenuta a Milano l’ottava edizione del Luxury Summit organizzato da Il Sole 24 Ore, l’evento di riferimento in Italia che coinvolge i principali attori e protagonisti del settore moda, lusso e lifestyle.

E’ stata come sempre di un’occasione di confronto sui principali temi del settore, dal discusso tema “see now, buy now” alle dinamiche di business nei comparti watch and jewelry, dall’e-commerce alla digital shopping experience nel mondo fashion.

Vediamo cosa hanno detto due dei principali big del mercato della moda italiana che si sono dati  appuntamento anche quest’anno nella sede del giornale, in via Monte Rosa 91, per snocciolare i nuovi trend del settore.

Dal palco del Luxury Summit Diego Della Valle ha esordito tratteggiando l’identikit dello stilista: “Lo stilista, a noi, nel senso classico, non ci serve più perché credo che sia diventato, tranne in alcuni casi, un po’ un rallentatore dei progetti. Il fatto di andare ogni mese nei negozi è già un’antitesi. Lo stilista se è bravo è un pensatore, ha bisogno dei tempi, ha le sue comprensibili incertezze, vuole rifare le cose, tutto questo non è più contemplato nella velocità che noi oggi dobbiamo avere nelle aziende”.

Il Presidente di Tod’s si è espresso anche sulla richiesta crescente del modello di vendita “see now, buy now”: “Io credo che, per quanto mi riguarda, è un po’ una fesseria e anche una boutade. Nella realtà poterlo fare quando hai centinaia di negozi aperti, quindi giocare una fiche così, al buio, su della roba che deve arrivare nei negozi, è un po’ più complicato. Puoi avere delle capsule collection, possono essere delle operazioni di marketing, e quello può servire; però il fatto di ‘vedo oggi e compro oggi’ secondo me non funziona. Bisogna che il prodotto rimanga un po’ aspirazionale”.

L’imprenditore marchigiano ha poi concluso così il suo intervento: “Noi non vendiamo soltanto un pezzo di pelle o una giacca, vendiamo un sogno, vendiamo la percezione di avere un upgrade quando compri un oggetto. Quella roba ha bisogno di qualche mese di sedimentazione sul prodotto e di molti anni nella costruzione della reputazione del marchio, credo io”.

Remo Ruffini al Luxury Summit 2016

Altro ospite della prima giornata del Luxury Summit 2016 è stato Remo Ruffini. L’amministratore delegato di Moncler ha raccontato il proprio rapporto con gli investitori, la borsa e le banche, tre agenti che hanno contribuito alla crescita dell’azienda che ha chiuso il primo trimestre 2016 con ricavi per 237,3 milioni di euro, in crescita del 18% sullo stesso periodo dell’anno precedente.

“Siamo vicini al consumatore il più possibile: abbiamo solo monomarca gestiti da noi, e cerchiamo di andare incontro alle esigenze di ciascuno. L’importante è riuscire a stimolarli. Noi abbiamo vissuto le situazioni più diverse: abbiamo avuto quattro fondi private equity in sei anni, abbiamo tentato una quotazione per poi finalizzarla, al secondo tentativo, nel 2013. Il Private Equity è un sistema che faccio molta fatica a concepire perché ha delle logiche in totale antitesi rispetto a una strategia di lungo periodo. Sono convinto che, nel caso si faccia questa scelta, si faccia una scelta legata alle persone”. La borsa, al contrario, è per Ruffini: “Una grandissima esperienza, rende molto disciplinati e dà la possibilità di attrarre risorse umane e quindi valore”. Il ruolo della banca, invece, “è tecnico”.

Ruffini sottolinea infine come oggi l’azienda debba fare leva su una “creatività trasversale, che tocca non solo l’aspetto stilistico ma anche la distribuzione, da affrontare con una prospettiva local, e il management, che deve essere forte”.