x

x

Vai al contenuto
Messaggio pubblicitario

7 – Il Nebbiolo “eroico”

7 – Il Nebbiolo “eroico”

Valtellina Superiore e Sforzato di Valtellina
Qui lo chiamano Chiavennasca, ma è sempre Nebbiolo. Siamo in Valtellina, terra difficile, terra di montagna, ma anche terra di grandi piaceri, soprattutto eno-gastronomici.

Nebbiolo, come per i grandi vini di Piemonte, ma con un carattere e con caratteristiche che solo questo territorio sa conferire. Attraversando la Valtellina, magari per andare a sciare a Bormio, si pensa a tutto tranne che ad una terra vocata all’agricoltura. Ancor meno alla produzione del vino. Le montagne sono ripide, quasi a strapiombo sulla sottostante strada statale. I piccoli fazzoletti di terra si contendono il poco spazio con la roccia. Eppure, qui, in Valtellina, la vite è presente da sempre e da essa si ottengono grandi vini.

SforzatoCome detto, qui è il Nebbiolo a farla da padrone. Alcuni anziani della zona sostengono che la Valtellina sia la vera culla del Nebbiolo, solo successivamente trasferito anche in Piemonte. Ma non vi sono documenti a sostegno di questa teoria.
In Valtellina lo sviluppo della produzione vinicola è strettamente legata alla presenza dei monaci benedettini e alla vicinanza con un ricco ed importante mercato come quello svizzero. Qui i terreni sono magri, poco profondi, originati dalla rottura dei graniti. L’acqua scorre in superficie e la vite è sottoposta ad un salutare stress idrico.

La Valtellina, nonostante la sua non ampia estensione territoriale, può vantare ben due DOCG: il Valtellina Superiore e lo Sforzato della Valtellina.
Entrambi prodotti con uva Nebbiolo Chiavennasca, per almeno il 90%, differiscono per il metodo di produzione.

Il Valtellina Superiore DOCG, si produce in una area limitata della provincia di Sondrio, ha un tasso alcolico minimo del 12%, ed invecchia, prima di essere posto in commercio, per almeno 24 mesi, dodici dei quali in botti di legno. Nel bicchiere si riconosce per la trasparenza del colore, tipica del vitigno nebbiolo. Siamo in presenza di una tonalità di rosso leggermente più scura: rosso rubino tendente al granato. Al naso, inconfondibili le note di frutti rosse, specie nella versione “confettura”, alle quali si aggiungono, con l’aumentare dell’invecchiamento, i sentori di cuoio e spezie. Aromi che si ritrovano anche in bocca, accompagnati da una buona struttura e tannicità.
Particolarità del Valtellina Superiore DOCG, è la suddivisione del territorio di produzione in cinque sottozone, ognuna in grado di conferire una specifica personalità ai vini in esse prodotti: maggiore eleganza per i vini del Sassella, morbidezza e longevità per i vini del Grumello, struttura ed austerità per i vini dell’Inferno. Le altre due sottozone, Maroggia e Valgella, rispettivamente la più piccola e la più estesa, si distinguono per l’immediatezza dei vini.
A tavola il Valtellina Superiore si abbina con secondi importanti del territorio, dal cervo in salmi, le costine al lavécc (tipica pentola in pietra ollare), o l’immancabile polenta, sia taragna che valtellinese. Cautela nell’abbinamento con gli immancabili Pizzoccheri. Se proprio si vuole aprire un Valtellina Superiore, scegliere annate giovani. Personalmente preferisco un Valtellina “base”, più delicato ed adatto con i Pizzoccheri. Stesso discorso, e con ancora maggiori cautele, per gli Sciatt.

E per concludere, il top: lo Sfursat, meglio conosciuto come Sforzato di Valtellina. Definirlo importante è riduttivo. È un vino che nasce da una più che attenta scelta dell’uva . Solo i migliori grappoli sono messi a riposo sui graticci, per l’appassimento e la concentrazione degli zuccheri.
La carta d’identità dello Sfursat, ci racconta di un vino ottenuto per almeno il 90% con uva Chiavennasca. Affina per almeno 20 mesi, dei quali almeno 12 in legno. Sul mercato arriva con una gradazione alcolica minima del 14%, ma non è difficile trovare vini ben al di sopra di questa soglia.
Ma questa è solo una fredda e sintetica descrizione. Il fascino dello Sfursat è nell’andare alla scoperta di quella decina di grandi produttori, magari visitando le cantine, ed imparare a riconoscerne i rispettivi vini.
Poi, abbandonarsi al fascino, la complessità, la profondità e la grandezza di questo vino.
Gli abbinamenti? Dimenticateli. Bevete lo Sfursat da solo, al limite qualche piccola scaglia di buon formaggio, sapientemente invecchiato, da soli od in buona compagnia. Come un grande vino da meditazione.

Danilo della Mura

Guarda tutto lo speciale dedicato al Nebbiolo