La replica dei Proff. Emanuele Bartoletti, Nicolò Scuderi e Francesco D’andrea alla notizia apparsa qualche mese fa sul tabloid britannico The Sun
Permette di attutire ed eliminare i segni del tempo, è la sostanza più conosciuta e studiata in assoluto, è un trattamento sicuro e reversibile: stiamo parlando del botulino. Abbiamo descritto più volte questa tossina, che permette di ottenere un aspetto più fresco e naturale senza sconvolgere i tratti del proprio viso.
Nonostante queste premesse però, molte persone sono ancora scettiche e insicure. Le cause di questo sono dovute soprattutto alle informazioni riportate dai media.
Un esempio è la recente diffusione della notizia relativa alla presunta morte di 16 persone avvenuta negli Stati Uniti a causa di un impiego non meglio specificato di tossina botulinica (notizia ripresa dal tabloid britannico The Sun) e amplificata anche da giornali e media italiani.
Cosa rispondono gli esperti e i professionisti?
Ecco le parole del Prof. Emanuele Bartoletti, Segretario Generale della Società Italiana di Medicina Estetica e Vice Direttore della Scuola Internazionale di Medicina Estetica della Fondazione Internazionale Fatebenefratelli di Roma: “La letteratura scientifica dimostra che la tossina botulinca, uno dei farmaci più studiati al mondo, con centinaia di pubblicazioni sia sul suo utilizzo per scopi terapeutici, sia per scopi estetici, non ha mai riportato eventi avversi fatali, né durante la fase di studio né in assoluto, dal 1989, anno in cui per la prima volta ha ottenuto l’approvazione dell’FDA e anno dal quale, a tutt’oggi, milioni di pazienti sono stati trattati. La notizia su The Sun, per come è stata riportata e ripresa dai media, sembra essere priva di fondamento in quanto non chiarisce minimamente quali persone siano state sottoposte al trattamento né con quali caratteristiche né con quali dosaggi sia stato utilizzato il farmaco e nemmeno quando tutti questi casi citati si sarebbero verificati. Soprattutto non porta alcun elemento che dimostri un effettivo rapporto diretto di causa-effetto tra l’impiego del farmaco e i decessi”.
Puntualizza il Prof. Nicolò Scuderi, Direttore della Cattedra di Chirurgia Plastica Ricostruttiva ed Estetica dell’Università La Sapienza di Roma e Presidente del Collegio Professori Universitari di Chirurgia Plastica: “Purtroppo una certa sovraesposizione mediatica di casi non comprovati è in grado di generare disinformazione nel pubblico e allarmismo ingiustificato. Questo non solo in chi utilizza il farmaco come antirughe, per i quali non sussiste alcun rischio, ma soprattutto e in particolare nei pazienti per cui la tossina botulinica costituisce una opzione terapeutica di vitale importanza. I colleghi Neurologi che utilizzano la tossina botulinica per patologie gravissime spesso anche sui bambini, sono, naturalmente, assolutamente formati per far fronte ad eventuali effetti collaterali che, anche per l’uso terapeutico, sono estremamente rari. Sarebbe di fondamentale importanza dunque accertare e verificare la storia clinica dei soggetti ovvero le circostanze specifiche in cui possono aver ricevuto il trattamento. In un contesto specificatamente terapeutico i decessi che possono essersi verificati possono essere stati in relazione con la gravità della patologia. Inoltre, l’utilizzo della tossina botulinica per fini estetici, sia per le minime dosi, sia per il sito di infiltrazione ove viene utilizzata, non è suscettibile di alcun rilevante effetto collaterale”.
Più nello specifico, la SICPRE – Società Italiana di Chirurgia Plastica Ricostruttiva ed Estetica – con le parole del Segretario Prof. Francesco D’andrea, chiarisce: “Questa casistica non è stata raccolta e verificata da alcuna Società Scientifica né Europea né Americana, ma sembra provenire da un reclamo di un’associazione di cittadini statunitensi priva a tutt’oggi di qualsiasi riscontro scientifico. Inoltre, il reclamo non riporta i dettagli dei casi clinici per cui non è effettivamente possibile identificare alcun fatto concreto che possa essere messo in relazione con avvenuti decessi e qualora i decessi venissero effettivamente resi noti, rimarrebbe da provare il rapporto causale con il farmaco utilizzato”.
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