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Jimi Hendrix, perché è molto più di un’icona del Rock

Jimi Hendrix, perché è molto più di un’icona del Rock

Cinquant’anni dopo la sua morte il ricordo del leggendario chitarrista Jimi Hendrix non si è assopito. Come pure i misteri e le leggende che aleggiano attorno alla sua persona e alla morte di questi, avvenuta il 18 settembre del 1970. L’artista, molto più che un’icona del rock, capace di fondere generi diversi come blues, r’n’b, soul, funky, hard rock e psichedelia, venne trovato privo di vita in un albergo di Londra, asfissiato dal proprio vomito durante il sonno, indotto da una dose eccessiva di barbiturici. L’autopsia non chiarì mai le cause effettive del decesso del chitarrista, che con la sua mitica Fender Stratocaster Olimpic White ha incantato intere generazioni. Una carriera sfolgorante, durata solamente quattro anni. Una stella esplosa, bruciata in fretta e forse per questo tanto amata dai giovani.  

Jimi Hendrix

Jimi Hendrix, perché è molto più di un’icona del Rock

Leader indiscusso della storica band, la Jimi Hendrix Experience, secondo la classifica stilata nel 2011 dalla rivista Rolling Stone, l’artista è stato il più grande chitarrista di tutti i tempi, ed è al primo posto della lista dei 100 migliori chitarristi sempre secondo Rolling Stone, precedendo Eric Clapton e Jimmy Page. Purple Haze (1967), Foxy Lady (1967), Hey Joe (1967) e Voodoo Child (1970) sono soltanto alcuni degli straordinari successi di Jimi Hendrix. Due sue esibizioni, in particolare, sono entrate nell’immaginario collettivo: il suo esordio al festival di Monterey del 1967, in cui concluse la performance dando fuoco sul palco alla sua chitarra, e la chiusura del festival di Woodstock del 1969, durante la quale diede una originale reinterpretazione dell’inno nazionale statunitense. Una trasfigurazione chitarristica operata sul tema di The Star-Spangled Banner indimenticabile: Hendrix si accanì sul tema dell’inno in maniera selvaggia. L’artista intervallò la musica con feroci simulazioni sonore dei bombardamenti e dei mitragliamenti sui villaggi del Vietnam, sirene di contraerea, il tutto avvalendosi della sola chitarra. Abile a trasformare in effetti sonori tutto ciò che prima era considerato soltanto rumore. L’apripista del rock puro, una rivelazione. Un esempio di libertà, di ribellione.

Jimi Hendrix

Il dio delle sei corde: genio indiscusso della musica

Geniale, un grande sperimentatore. Già solo questo basterebbe a giustificarne la grandezza, la smisurata bravura. A farlo entrare di diritto nell’Olimpo dei grandi anche la morte prematura in circostanze mai chiarite. Jimi Hendrix era giovanissimo, aveva ancora tanto da dare. Anche lui star del famigerato Club 27 (l’espressione usata dalla stampa per indicare quegli artisti deceduti all’età di 27 anni). La passione per la musica lo ha accompagnato sin da bambino: suo padre gli regalò un vecchio ukulele con il quale cominciò a praticare, poi la prima vera chitarra comprata da un amico di suo papà per soli cinque dollari. A significare che il talento trova sempre una strada. E non era facile ritagliarsi uno spazio in quegli anni, quando la scena musicale era dominata da Eric Clapton, Jeff Beck, Jimmy Page, oltre a band come i Beatles e i Rolling Stones. Leggi anche —> 115 anni fa nasceva l’indimenticabile Greta Garbo: tutti i segreti della “Divina”

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