Raffie Lavie, “In the name of the Father”
Al Padiglione di Israele della 53. Biennale di Venezia un omaggio a Raffie Lavie, la figura più carismatica e importante degli ultimi quarant’anni dell’arte in Israele.
Pittore, mecenate, educatore, critico d’arte, ma anche conoscitore di musica, curatore, insegnate, fino agli ultimi giorni della sua vita (2007) Raffie Lavie è stato l’ideatore dell’estetica israeliana, a cui ha dato forma, ethos e luoghi.
Uno dei primi veri israeliani nato da genitori tedeschi, l’arte di Raffie Lavie è un connubio tra i linguaggi “occidentali” di Paul Klee, Jean Dubuffet, Robert Rauschenberg, con gli artisti locali Aviva Uri e Arie Aroch.
Ma non solo, e il Padiglione della Biennale lo attesta, Raffie Lavie ha introdotto in Israele la contemporaneità adattandola al contesto locale: è stato il fondatore del gruppo “10+” (1965) e la figura centrale dello stile formatosi intorno a lui negli anni ’70 con il nome di “Esigenza della materia” per l’uso di materiali ascetici ed economici come il compensato e il collage.
“In the name of the Father” rappresenta la nuova estetica israeliana introdotta da Raffie Lavie, in grado di riflettere i valori, gli ideali e le aspirazioni radicati in profondità nel mondo ebraco: il desiderio struggente di chiedersi che cosa vogliono ricordare, e “perché questa memoria terapeutica ha il sapore dell’urgenza”.
Ecco quadri magnifici costruiti sulla ingenuità e la cancellazione ossessiva delle immagini
attraverso scarabocchi, incisioni e generose pennellate di colore: un modus operandi legato alla “percezione del doppio ruolo della periferia in quanto posto reale e dimensione spirituale. Le azioni del cancellare e ricominciare sono strettamente legate all’eredità culturale di Lavie in quanto israeliano ed ebreo. Lavorando a partire da una tradizione scopofobica, lontano da qualsiasi centro, ha creato un linguaggio eccentrico, proprio del luogo, delle sue necessità e dei suoi desideri”.
Per più informazioni:
Ilan Wizgan, Tel. +972 52 329 3037; email [email protected]