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Tra la vita e la morte

Tra la vita e la morte

Chistian Boltanski e Marc Quinn al Mattatoio e alle Sale Macro

Forte impatto emotivo, fantasmi e sottili confini: le mostre allestite negli spazi del Macro affrontano con forza i temi della morte, della memoria, il corpo umano.
La prima è un’installazione di Christian Boltanski pensata appositamente per il Mattatoio, il padiglione che la ospita fino al 30 Settembre. Quella dedicata a Marc Quinn è la prima mostra monografica che un museo italiano dedica all’artista britannico, anch’essa visitabile fino a fine Settembre nelle sale di Via Reggio Emilia.

Exit di Christian Boltanski
È un’unica installazione realizzata espressamente, e su misura, per i 1000 mq del Mattatoio. Molti abiti, oggetti quotidiani caratterizzati dal sapore di vite vissute, incombono dall’alto, creando l’impressione di un mondo capovolto e popolando lo spazio di presenze fantasmatiche. Dodici voci diverse risuonano nell’ambiente, ricordano istanti particolari di esistenze lontane e aumentano la sensazione di trovarsi in diretto contatto con individui passati ad un’altra dimensione. Immagini del video 6 Septembers proiettate su pareti trasparenti scandiscono lo spazio e anch’essi richiamano momenti di vita vissuta. Il filmato è, infatti, composto da immagini di repertorio che raccontano eventi significativi e tragici della contemporaneità, che fanno ormai parte della memoria collettiva così come di quella personale di Boltanski. Tutta l’installazione è una sorta di percorso, attraverso la memoria comune, che si conclude con la visione di otto teche di vetro, simili a casse mortuarie, illuminate dalla luce pulsante di una lampadina che si accende e si spegne al ritmo di un battito cardiaco e che comunicano allo stesso tempo l’idea della morte ma anche quella di una vita che ancora resiste. L’inattesa conclusione del percorso suona come una beffa infantile, un’affermazione della forza vitale del riso di fronte al dramma dell’esistenza, con quell’umorismo che ha pur sempre a che fare con il dolore, che si prende gioco della tragicità con le armi della leggerezza e dell’ironia, e che conferisce spessore e profondità all’arte di Boltanski.
Il visitatore che percorre lo spazio di Exit è portato a rispondere alle numerose sollecitazioni, visive auditive e fisiche. Dal tema della memoria a quello della morte, dal tema del passaggio inesorabile del tempo a quello dell’individuo sospeso tra moltitudine e unicità, tutti i topoi dell’arte di Boltanski sono rintracciabili in questa sua nuova installazione. E il legame di Exit con Roma, in particolare con la sede del Mattatoio, è evidente. L’opera di Boltanski risuona in tutta la sua profondità di significati in una città come Roma, con le presenze e i fantasmi del passato che da sempre popolano storie e leggende della capitale. Ancor più, la sede del Mattatoio appare come il luogo deputato per inscenare uno spettacolo sul passaggio tra la vita e la morte.

Marc Quinn
La mostra monografica Marc Quinn, a cura di Danilo Eccher e Achille Bonito Oliva, riunisce oltre 30 opere che risalgono agli ultimi anni di attività dell’artista. Il filo conduttore dell’arte di Quinn, e di questa rassegna, è il tema del corpo umano inteso insieme come sistema di organi vitali e supporti tecnologici o chimici che ne consentono la sopravvivenza, la vita e la sua conservazione, la bellezza e la morte. È così che nascono opere come Sky (2006), la testa del figlio secondogenito realizzata con la sua stessa placenta e il suo cordone ombelicale. Un sistema di refrigerazione garantisce la conservazione del fragile simulacro, sospeso tra la vita pulsante degli organi e la fredda presentazione da laboratorio scientifico. Le stesse tematiche sono alla base della serie di sculture Chemical Life Support, corpi di persone che necessitano di specifici medicinali per sopravvivere e che vengono utilizzati e mescolati assieme ad una materia duttile e traslucida come la cera. In mostra, tra gli altri, Innoscience (2004) in cui il corpo del figlio dell’artista è plasmato con il latte artificiale che lo ha nutrito durante i primi mesi di vita, e Nicholas Grogan – Insulin (Diabetes) (2005) in cui la figura di un uomo diabetico è impregnata della sostanza chimica che supplisce alla sua disfunzione metabolica.
Anche le sculture della serie The Complete Marbles, persone affette da gravi malformazioni e handicap fisici, sono riconducibili all’incontro di valori opposti, concetto sviluppato in tutti i lavori di Marc Quinn. Il materiale questa volta è il marmo, materia classica per forgiare e rappresentare la bellezza dei corpi, che riconduce ai capolavori mutilati della scultura antica. I soggetti sono colti con naturalezza nella loro nudità, come in Peter Hull (1999) e Alexandra Westmoquette (2000), in mostra al Macro. La rassegna monografica comprende ancora, e non solo, Sphinx (2005), una delle icone della bellezza moderna, la top model Kate Moss, raffigurata in un’intricata posizione yoga che le fa assumere le sembianze di una figura eroica, totemica, quasi ultraterrena. Perché oltre la sfera della vita, dei suoi meccanismi e dei suoi codici, anche le prospettive della morte e dell’aldilà ispirano la ricerca dell’artista britannico. Ne sono un esempio i due scheletri bronzei in preghiera Waiting for God (2006) e Waiting for Godot (2006) che sembrano volgere lo sguardo al destino di morte di ogni essere umano e insieme all’attesa e alla speranza di una vita oltre la morte.

Per informazioni:
Macro
via Reggio Emilia, 54, Roma

Macro al Mattatoio

Piazza Orazio Giustiniani 4, Roma

Tel. 06 6710 70400

fax. 06 855 4090
[email protected]

www.macro.roma.museum

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