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“Jackie” recensione di un film che non funziona, nonostante Natalie Portman

“Jackie” recensione di un film che non funziona, nonostante Natalie Portman

“Jackie” recensione del film di Pablo Larraín con Natalie Portman

Cresce l’attesa per il biopic non biopic “Jackie“, presentato alla Mostra Internazionale del Cinema di Venezia 2016 che porta la firma del regista cileno Pablo Larraín con Natalie Portman calata nei panni della first lady Jacqueline Kennedy, in corsa per il Leone d’Oro. Un film che qualcuno ha accolto come semi capolavoro, mentre altra parte della critica è rimasta tiepida.

Il film si incentra esclusivamente sui giorni seguenti l’omicidio pubblico del presidente Kennedy ponendo la moglie, Jackie, al centro della scena. Focus immancabile su quella scena che ha riscritto la storia: la macchina presidenziale sfila a Dallas, un colpo fa afflosciare l’uomo più potente del mondo, il cervello schizza sul vestito della first lady. Il regista scopre subito le carte confermando la volontà di mantenere un’aura di mistero intorno a una delle donne più chiacchierate e misteriose del mondo: Jacqueline. La narrazione corre volutamente in maniera poco lineare, tra flashback e ritorni; tra filmati dove la Portman imita perfettamente Jackie in alcuni momenti popolari immortalati in video storici. L’ambiguità della sua figura è volutamente messa in evidenza: fragilità contro ostinazione, grande capacità di calcolo contro crolli psicologici violenti. Un film complesso, sicuramente ponderato e volutamente idiosincratico: il rapporto con Bobby apertamente irrisolto e ricco di inespressi, il peccato della vanità come fantasma costante che pesa sulla coscienza della donna, il terrore sfrontato di perdere dei benefit vissuti come priorità assoluta, le molteplici maschere della first lady indossate con disinvoltura. La donna rassicurante e sposa devota per la televisione, la compagna capace di insinuarsi oltre il consentito, la madre spiazzata, la vedova coraggiosa e la vedova rabbiosa. L’immagine, il gioco, i vestiti, i gioielli, le pillole, l’alcol, l’ambizione, tutto abbozzato, lasciato intendere fino al calcolo freddo di presentarsi alla nazione con ancora indosso gli abiti impregnati del sangue del marito.

Ma non funziona, resta tutto fuori fuoco: tra la pretesa di una recitazione al limite dell’imitazione e la volontà contraddittoria di rileggere liberamente la storia. Ridicolo l’accento che viene pretestuosamente posto e riposto sul matrimonio perfetto dei Kennedy; che perfetto non era. Un film che non convince.