Le scarpe made in Italy valgono 3miliardi di euro
I primi cinque mesi disegnano un anno che dovrebbe far tornare il mondo della calzatura ai livelli pre-crisi.
“Siamo in crescita, abbiamo per primi nel settore moda recuperato i livelli del 2008, abbiamo fatto un grande sforzo per migliorare le nostre imprese, abbiamo dimostrato che chi riteneva il settore calzaturiero un’industria del passato si sbagliava. Oggi grazie alla nostra tenacia regaliamo al paese una manovra da circa 3,1miliardi di euro se la tendenza dei primi cinque mesi rispetto al saldo commerciale fosse confermata per tutto il resto dell’anno”.
Sono queste le prime parole di Cleto Sagripanti, presidente Anci – Associazione Nazionale Calzaturifici Italiani a commento dei dati relativi al primo semestre 2011, in occasione del Micam 2011.
Lo confermano i dati Istat elaborati dall’ufficio studi dell’associazione sul flusso di import ed export del prodotto calzaturiero.
I primi cinque mesi del 2011, mostrano una crescita delle esportazioni in aumento del 17,2% in valore e del 9,7% in quantità, per un totale di circa 3miliardi di euro e 108milioni di paia.
Questi dati confermano il recupero da parte del calzaturiero made in Italy dei livelli pre-crisi del 2008: rispetto ai primi cinque mesi di quell’anno infatti i dati del 2011 rappresentano un incremento del 3,6% in valore e dello 0,4% in quantità.
Solo le aree più colpite, come Russia e paesi dell’est europeo e l’area nord americana, rimangono su livelli inferiori a quelli raggiunti tre anni fa proprio a causa del fatto che la crisi là è stata particolarmente pesante. La differenza con i flussi di importazione fa registrare un saldo di 1,3 miliardi di euro nei primi cinque mesi, con un incremento rispetto al 2010 del 19,4%; un trend che se fosse confermato per il resto dell’anno significherebbe un saldo di 3,1miliardi di euro, quasi l’equivalente della manovra di solidarietà ipotizzata dal Governo.
“Siamo soddisfatti dei risultati ottenuti in questi ultimi mesi sui mercati esteri – afferma Sagripanti – se guardiamo alle scarpe con tomaio in pelle, che costituiscono quasi l’80% del fatturato estero delle nostre imprese, notiamo una crescita del 15,5% in valore e del 5,4% in volume. Quest’anno si apre all’insegna di una decisa ripresa delle esportazioni che, alla luce delle molteplici difficoltà in cui si dibattono i governi dei paesi avanzati, tra crisi del debito, fibrillazioni dei mercati finanziari, tagli di bilancio e misure di austerità, con conseguente indebolimento dei consumi, potrebbe trasformarsi in un nuovo rallentamento delle dinamiche di vendita. Ma questa ipotesi non sembra preoccupare molti. Pare un controsenso, perché favorire la crescita dei consumi interni, aiutare le imprese nella promozione all’estero dovrebbe rappresentare una priorità altrettanto evidente quanto il contenimento del debito”.
Export, l’Europa conferma la sua leadership
La verifica delle dinamiche delle esportazioni evidenzia che nei primi cinque mesi dell’anno quasi tutti i mercati hanno visto un recupero significativo rispetto ai livelli dell’anno precedente. L’Unione Europea, cui sono destinate 3 calzature su 4 vendute all’estero, fa segnare aumenti nell’ordine del 12,2% in valore e del 9% in quantità. Un dato positivo che conferma il recupero anche su un mercato che negli ultimi anni aveva sofferto molto e nel quale spiccano risultati significativi soprattutto dei primi due paesi clienti: Francia e Germania. Le vendite sul mercato francese sono cresciute del 16% in valore, mentre sul mercato tedesco la crescita è stata del 15,6% con un aumento del prezzo medio per entrambi i mercati. È il segno evidente di una crescita di competitività in termini di prodotto, design e distribuzione. Decisamente meno premianti le dinamiche di Regno Unito (+5,5% in valore) e Spagna (+1,5% in valore), mentre è soprattutto in Grecia che le vendite soffrono (-24% in valore e -10% in volume), scesa in tredicesima posizione tra i mercati di destinazione a causa delle pessime condizioni del mercato interno. L’altro grande malato d’Europa, il Portogallo, segna invece un recupero del 19,1%. Gli aumenti più significativi, nelle prime posizioni, sono invece mostrati da Stati Uniti (+20,2% in valore), Svizzera (24%) e Russia (29,2%) rispettivamente terzo, quarto e quinto paese cliente. Segnali incoraggianti anche dall’analisi per macroaree. Particolarmente positive le indicazioni relative all’export verso il Far East (+37% in valore nel complesso, trainato dalle ottime performance in Giappone, +26%, Hong Kong, +41%, e Cina, +55%). Pur se ancora parziale, prosegue con ritmo sostenuto il recupero nelle due aree più colpite dalla crisi del 2009, vale a dire Est Europa/Csi (+27,2%) e America settentrionale (+22%).
Import in calo
I dati dicono che nei primi cinque mesi le importazioni italiane sono cresciute in valore del 15,6% e si sono ridotte dell’1,3% in termini di volume. La lieve flessione è tutta attribuibile al calo della Cina (-12,1%), che registra però un aumento del 7% in valore in seguito all’incremento del prezzo medio da 3,95 a 4,80 euro al paio. Le importazioni italiane da Cina e Vietnam delle calzature in pelle mostrano una contrazione complessiva dell’import italiano dai due Paesi del 17% in quantità, malgrado un aumento nel bimestre aprile/maggio del 29%.
Attenzione al mercato interno
“La nostra maggiore preoccupazione per i prossimi mesi è per il mercato italiano – spiega il presidente – che da diversi periodi è ormai in una fase di stallo e per cui non si prevedono cambiamenti in positivo. Gli acquisti delle famiglie italiane nel primo semestre di quest’anno restano fermi: -1% in volume e un +0,2% in termini di spesa. Tra l’altro si tratta di un trend in peggioramento: dopo un primo trimestre chiusosi con una flessione dello 0,9% in quantità, accompagnata però da un incremento in spesa (+2,2%), il secondo trimestre conferma una riduzione nel numero di acquisti (-1,1% il dato per le paia) e peggiora sul fronte della spesa (-1,2%) rispetto ad aprile/giugno 2010. È il segnale che manca fiducia e che questa situazione, senza correttivi per favorire la crescita economica, è destinata a durare“.