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Macerata, Addio a Debora Mei: «Rinuncio al trapianto per partorire»

Macerata, Addio a Debora Mei: «Rinuncio al trapianto per partorire»

Macerata è in lutto. Debora Mei è morta ieri 6 febbraio dopo aver combattuto per anni con la fibrosi epatica, una malattia congenita rarissima, aveva 51 anni. Debora Mei è figlia di un professore di educazione tecnica e di una addetta dell’Istituto vendite giudiziarie. Nella sua vita ha ha sempre lavorato, prima nel settore pubblicitario e poi come cassiera al supermercato. Poi però l’aggravarsi della malattia l’aveva costretta a fermarsi. Sedici anni fa entrò nelle liste d’attesta per un trapianto di fegato, quando scoprì di essere incinta.

Debora Mei

Sedici anni fa Debora Mei rifiuta il trapianto per salvare il figlio che aveva in grembo

Con la sua malattia i medici avevano escluso che potesse rimanere incinta, e che sarebbe stato quasi impossibile portare a termine la gravidanza. Debora però decise di tentare lo stesso e provare ad avere quel bambino tanto desiderato. Si era tolta dalle liste d’attesa e con tanta fatica e aveva messo al mondo Stefano, il suo unico figlio. Il parto è stato molto complicato, Debora rischiò di morire ma alla fine il piccolo nacque sano e lei se la cavò. Poi la malattia peggiorò, altri organi erano furono compromessi e a Bologna, dove era seguita, non le avevano dato più speranza.

Debora Mei

Debora Mei trapianto e malattia

Dall’ospedale di Bergamo Giovanni Paolo XXIII arrivarono buone notizie, dopo varie terapie e analisi i medici le comunicarono che avrebbero provato il trapianto. Venti giorni dopo, con la morte di un ragazzino svizzero di 14 anni arrivarono i cinque organi necessari alla sopravvivenza di Debora. La donna fu sottoposta ad un intervento di 12 ore. Un’operazione complicata, ma che era riuscì a salvarla. Purtroppo però a causarle dei problemi fu una piccola protesi all’aorta. Per risolverli, l’altro ieri si è sottoposta a un altro lungo intervento che purtroppo le è stato fatale.

Debora Mei

Il saluto degli Amici

«Debora Mei era una forza della natura – la ricorda l’amica e ’avvocato Roberta Ippoliti –non l’ho mai sentita piangere, anzi, nonostante soffrisse da tanti anni aveva sempre una parola per tutti tanto che pensavo che avesse giornate di 72 ore per quanto riusciva a essere presente con le persone che le erano care. La sua risata era bellissima da vedere e da ascoltare, coinvolgente. Faceva delle ceramiche stupende. Trovava sempre qualcosa di positivo in quello che le accadeva, non si fermava mai, anche in ospedale aveva collaborato per una campagna promozionale. Aveva anche voluto rendere pubblico il suo percorso per far sapere che una cura c’era, che il trapianto era possibile. Chi non l’ha conosciuta ha davvero perso tanto». Una “piccola e grande guerriera, hai vinto comunque”, cosí l’hanno salutata gli amici su facebook, dopo che due giorni prima aveva pubblicato il suo ultimo post: «Per un po di giorni non mi sentirete. Se gradite, sentite Riccardo».