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Intervista a Davide Cannavino, executive chef al Ristorante Meridiana di Genova

Intervista a Davide Cannavino, executive chef al Ristorante Meridiana di Genova

A Genova incontriamo Davide Cannavino, executive chef del Ristorante Meridiana nell’affascinante scenario cinquecentesco dell’omonimo palazzo nel cuore della città.

Genova, città di mare. Città dai mille volti. Città che si racconta tra vicoli scuri e misteriosi, i suoi Palazzi dei Rolli e Le Strade Nuove, patrimonio UNESCO, e poi quartieri nascosti, popolari dove c’è chi viene e chi va. Genova e le sue piazze, belle, maestose… E proprio in una delle piazze più affascinanti della città, Piazza della Meridiana, si affaccia Palazzo della Meridiana, più comunemente chiamato “Palazzo Grimaldi della Meridiana”, costruito tra il 1541 e il 1545 da Gerolamo Grimaldi, banchiere genovese.
Tra le sale di questo palazzo storico, lo chef Davide Cannavino, uno tra i volti più interessanti della ristorazione genovese, racconta la sua cucina contemporanea e attuale ma che rimanda sempre alla tradizione e al suo territorio, la Liguria.

“Vedrai una città regale addossata ad una collina alpestre, superba per uomini e per mura, il cui solo aspetto la indica Signora del Mare: Genova”

F. Petrarca

Chef, quale è la sua storia?
«Sono nato a Genova dove ho sempre vissuto e lavorato. Ho frequentato l’istituto alberghiero mentre già lavoravo (ho iniziato questo lavoro a 14 anni). A 22 ho aperto il ristorante La Voglia Matta che ho condotto per 10 anni, fino al 2017. Poi sono approdato in centro città, a Genova, come executive chef, presso il ristorante Meridiana all’interno dell’omonimo palazzo storico».

Quale è la sua idea di cucina?
«È una cucina istintiva, fortemente legata al territorio; attingo alla memoria e alla tradizione riadattando i piatti in maniera attuale e contemporanea. La mia cucina è una cucina in cui l’attore principale è la materia prima e non il cuoco. Mi piace utilizzare prodotti poco nobili, frattaglie, pesci dimenticati. Cerco, attraverso i miei piatti, di far parlare il prodotto».

C’è un piatto a cui è legato?
«Non sono particolarmente legato a un piatto, sono molto aperto e curioso: le esperienze e la voglia di scoprire aiutano a pensare».

Ha un locale preferito in città?
«Casa mia! Nel giorno di festa a me e alla mia compagna piace stare in casa. Siamo appassionati di vini e con il tempo abbiamo costruito una discreta cantina. La mia compagna è sommelier. Ci piace aprire vini, dialogare e confrontarci.
Genova sicuramente sta crescendo e ha molti nuovi locali condotti da ragazzi giovani che stanno emergendo e facendo bene il loro lavoro».

Ha uno chef d’ispirazione?
«No, non ho mai avuto modo di ispirarmi a qualcuno; la mia cucina è una cucina personale che non segue mode e tendenze. Sicuramente ogni chef ha la sua cifra stilistica e il suo pensiero. Avendo aperto il ristorante molto giovane ho avuto poco tempo per confrontarmi in giro. Sicuramente un breve passaggio in stage da Paolo Lopriore quando era alla Certosa mi ha aperto un mondo sull’acido e sull’amaro, di certo già “latenti” nella mia testa. Mi dispiace solo di non essere mai stato a cena da Fulvio Pierangelini».

ristorante genova

Cosa pensa della ristorazione italiana?
«Posso dire apertamente che mai come negli ultimi anni in Italia si è mangiato così bene, a tutti i livelli. Oggi, forse anche a causa della crisi economica, ci si sta indirizzando verso una ristorazione di matrice popolare.
Si sta abbandonando quello che è lo stereotipo del grande ristorante e si va verso un format più “basico” come impostazione. Sale più snelle, via orpelli stantii che ricadevano poi sul conto del cliente. Piatti della memoria italiana ripresi e reinterpretati. Sono molto contento di questo perché abbiamo il dna gastronomico più importante al mondo.
Una piccola parentesi sulla mia Regione, però mi sia consentita.La Liguria, in generale negli ultimi anni, sta subendo una involuzione che mi rattrista. Chef importanti e giovani ragazzi stanno abbandonando la Regione per operare altrove e questo è un campanello d’allarme: da 12 stellati del 2005 siamo passati ai 6 attuali.
Si pensa troppo spesso che si è ancora fermi a vecchi cliché gastronomici, ma non credo sia così. Nuovi locali stanno crescendo condotti da giovani ragazzi che dimostrano sacrificio e professionalità; penso che le guide gastronomiche debbano vedere la Liguria con maggior attenzione».

Progetti per il futuro?
«E’ una bella domanda! Non so cosa mi riserverà il futuro: sicuramente la cucina sarà sempre presente, magari in un contesto diverso, chi può dirlo…».

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