Intervista a Matteo Taiana responsabile delle collezioni Cult della Tessitura Taiana, uno dei più celebri avamposti di creatività nell’ideazione delle camicie
Sembrano passati secoli e invece solo un pugno di collezioni hanno sancito all’unanimità il passaggio della camicia da cornice a quadro nell’impianto del vestire maschile contemporaneo. Con la progressiva evaporazione della cravatta e con la naturale deriva verso il confort, la camicia si è imposta come indumento comunicazionale per eccellenza.
Una sommossa culturale e ideologica condotta con maestria da una manciata di stilisti credibili e ispirati e portata a termine dai produttori di tessuti per camiceria che oggi più di ieri riescono ad anticipare le vibrazioni di gusto del pianeta rappresentandole in un’arte sublime tutta bidimensionale.
Tra le avanguardie stilistiche del comparto, la Tessitura Taiana rappresenta senza dubbio uno dei più celebri avamposti di creatività. Un’azienda attiva dal 1933 nella Sericon Valley (il distretto tessile comasco) che negli anni ha saputo anticipare e mai seguire configurandosi come presidio assoluto dell’eccellenza nel tessile.
Ne parliamo con Matteo Taiana, alla terza generazione industriale, giovane e capace responsabile delle collezioni Cult dedicate ad una camiceria contemporanea e destinate ai nomi più noti del fashion system, da Armani a Dolce & Gabbana, da Sixty fino a Roberto Cavalli.
Com’è cambiato il ruolo della camicia negli ultimi anni?
Oggi la camicia rappresenta per un uomo un concentrato di comunicazione allo stato puro. E’ indumento e messaggio al contempo in una semiotica raffinata che ci porta ad indossarla a seconda dei momenti della giornata e di quello che vogliamo trasmettere al prossimo. Nelle nostre collezioni sono presenti proposte che vanno dall’ultraraffinato microrigato fino al paesaggio stampato per le occasioni di svago. Inoltre anche per la camicia la personalizzazione e l’esclusività risultano sempre più importanti tanto che il nostro sogno sarebbe proprio quello di arrivare ad un prodotto pensato e disegnato intorno al consumatore finale, un po’ come fa la Nike con un particolare modello di scarpe.
Da dove nascono gli spunti per creare una collezione?
E’ fondamentale pensare alla destinazione finale dei nostri tessuti, le aree geografiche di riferimento per intercettare i gusti più intimi di chi quella camicia la indosserà. Il resto lo fanno i viaggi, i libri, i trend book e soprattutto la nostra personale sensibilità.
Quanto conta la ricerca nella progettazione?
La ricerca è tutto ed è l’unica ricetta contro il diluvio di prodotti di importazione. Ogni sei mesi, ogni collezione, proponiamo ai clienti circa 1500 varianti di tessuto che mai andiamo a riproporre nelle collezioni successive.
E’ importante sottolineare lo spirito e la vocazione di tutti i protagonisti della filiera per un prodotto difficile da clonare. Per fare un esempio, in occasione dei prossimi saloni mondiali del tessile, presenteremo unitamente ad una selezione di tessuti di matrice biologica, un pacchetto di proposte davvero sorprendenti e che faranno molto parlare. Abbiamo pensato, infatti, di abbinare le essenze ai colori, riga rosa per un profumo di fragola e così via. Nulla di kitsch chiaramente ma soltanto qualcosa che appaghi la vista e l’olfatto al contempo, un gioco di seduzione che dura fino a venti lavaggi. Poi si perde l’essenza e rimane lo stile.
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