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È morto a 88 anni Enzo Mari, tra i più grandi esperti e teorici del design italiano

È morto all’età di 88 anni Enzo Mari, massimo teorico ed esperto del design italiano che attraverso i suoi testi ha formato moltissimi giovani designers. Il Maestro e autore era ricoverato all’ospedale San Raffaele di Milano. Enzo Mari è stato tra i più grandi designer italiani del Novecento. “Ciao Enzo. Te ne vai da Gigante”, ha scritto Stefano Boeri, Presidente di Triennale Milano, questa mattina sul suo profilo Facebook. Tra gli oggetti da lui progettati e più noti sono il vassoio Putrella (prodotto da Danese); le sedie Soft Soft (Driade) e Delfina (Rexite), quest’ultima premiata nel 1979 con il Compasso d’Oro.

Enzo Mari è scomparso all’età di 88 anni. Addio ad uno dei  massimi maestri e autori del design

Design fa rima con Enzo Mari all’interno di un connubio perfetto. Dagli anni Cinquanta partecipa attivamente ai movimenti di avanguardia, dando vita a riflessioni e ad una personalissima teoria-filosofia del design con lo scopo di indagarne dall’interno le sue dinamiche a trecentosessanta gradi. “La sua opera spazia dal design alla pittura, dalla grafica all’allestimento. È stato docente e attivista politico. Il suo contributo basato su un’asciutta poetica delle forme e un coerente utilizzo dei materiali è ritenuto fondamentale per la storia e lo sviluppo del design italiano nel mondo. Il sodalizio con Danese Milano coincide con lo sviluppo dell’azienda grazie alla quale ha sperimentato tecniche, realizzato allestimenti, sculture e prodotti divenuti pietre miliari”.

Un punto di riferimento imprescindibile del design

“Mari non è un designer, se non ci fossero i suoi oggetti mi importerebbe poco. Mari invece è la coscienza di tutti noi, è la coscienza dei designers, questo importa”. Enzo Mari ottiene nel corso della sua carriera cinque Compassi d’Oro (massimo riconoscimento nel mondo del design) , l’ultimo dei quali nel 2011 alla Carriera. Risultato del suo approccio “filosofico” al design. I primi anni tra studi e carriera iniziano dal 1952 al 1956 dove frequenta l’Accademia di Brera, studiando letteratura e arte ed approfondendo la psicologia della percezione visiva. Mari si dedica così all’attività artistica, impegnandosi in mostre personali e collettive in musei e gallerie, ed entra a fare parte del gruppo dell’Arte Cinetica, dove conosce Bruno Munari: l’influenza dell’artista milanese diventerà visibile in 16 animali, il puzzle a incastro progettato da Mari nel 1956 e messo in vendita da Danese nel 1957.

Enzo Mari: una grande perdita per il design italiano e internazionale

Mari nel corso della sua dorata carriera realizzò anche decorazioni per piastrelle e ceramiche di design, occasione per rivalutare e riconsiderare il concetto di decorazione a parete, elaborando una specifica teoria del colore e della forma. Un filosofo/teorico che è sempre andato oltre l’apparenza delle cose. Dotato di uno sguardo visionario verso il futuro. Tra i primi frutti della sua attività di teorico e filosofo e design è il saggio Funzione della ricerca estetica pubblicato nel 1974, cui seguiranno Ipotesi di rifondazione del progetto (1978); Dov’è l’artigianato (1981); Tre piazze del Duomo (1984); La libertà della manifattura (1994); Progetto e passione (2000); Lezioni di disegno: storie di carte, draghi e struzzi in cattedra (2008).

Le sue fantastiche creazioni sono attualmente in mostra nella grande opera personale a lui dedicata, dal titolo Enzo Mari curated by Hans Ulrich Obrist with Francesca Giacomelli, presso la Triennale di Milano. Inaugurata da poco, la mostra sarà aperta fino al 18 aprile 2021. “Ho cominciato a capire quante dimensioni convivono nella sua attività: Mari è un designer industriale, un disegnatore di mobili, un progettista di mostre, un artista, un autore di manifesti, un polemista celebre per le sue sfuriate contro il mondo del design. Ogni volta che passavo per Milano nel mio tragitto da Parigi a Venezia non perdevo l’occasione di incontrare lui e la sua compagna, Lea Vergine, grande critica d’arte, femminista, curatrice e pioniera della Performance Art, e insieme andavamo a visitare qualche mostra”.