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Adidas subisce un duro colpo: l’Ue le nega la registrazione del logo a tre strisce

Adidas subisce un duro colpo: l’Ue le nega la registrazione del logo a tre strisce

Le tre strisce parallele su scarpe, zaini, tute e cappellini Adidas non sono sufficientemente identificative del marchio, e non possono quindi essere registrate. Quanto meno non nell’Ue, lo ha stabilito il Tribunale dell’Unione europea. Le tre bande costituiscono un «normale segno figurativo» e il logo non ha «acquisito, in tutto il territorio dell’Unione, un carattere distintivo in conseguenza dell’uso che ne è stato fatto» ma solo in cinque stati dell’Unione, il che rende impossibile la registrazione come marchio europeo. 

Visionario Adolf Dassler

La si pensi come si vuole, le tre strisce dell’azienda tedesca nata nel 1924 dall’intuizione di Adolf Dassler, figlio di un calzolaio che creò le prime scarpe da calcio col tacchetto nella lavanderia della madre, sono un’icona che ha percorso il secolo scorso, approdando gloriosamente nel terzo millennio.

In realtà le strisce, che all’inizio erano due, nacquero da una necessità funzionale: servivano a tenere insieme la scarpa. Divennero tre solo nel dopoguerra quando la società, che originariamente si chiamava Gebrüder Dassler Schuhfabrik (la fabbrica di scarpe dei fratelli Dassler, Adolf e Rudolf) per dissapori tra i due si divise e nacquero due società, la Puma e appunto la Adidas, unione del nome e cognome di Adolf. Il quale, non potendo più usare le due iconiche strisce della gestione precedente, decise che sarebbero diventate tre. 

Essere una star mondiale a quanto pare non è bastato

Da lì la fortuna del logo già indossato da Jesse Owens con gran successo alle Olimpiadi di Berlino ed entrato nella cultura pop, dallo sport alla musica allo streetwear all’arte. Se Bob Marley indossava spesso la tuta a strisce fu la cultura hip hop negli anni ’80 e ’90 a diffondere questa icona europea anche Oltreoceano, grazie a nomi come i rapper Run DMC, per arrivare agli odierni Kanye West e Pharell Williams che con il marchio collaborano disegnando agognate edizioni limitate. Ma ciò non è bastato evidentemente a convincere i giudici europei.

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