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Nicolò Scuderi, Un elogio all’imperfezione

Il Direttore della Cattedra di Chirurgia Plastica e Ricostruttiva ed Estetica dell’Università La Sapienza di Roma affronta il tema della ricerca della bellezza nel libro pubblicato da Editori Riuniti

Una ferita del corpo è sempre uno sfregio dell’anima perché la prima sede della Bellezza è la mente”. Così leggiamo nella prefazione di Un elogio all’imperfezione, di Nicolò Scuderi, Direttore della Cattedra di Chirurgia Plastica e Ricostruttiva ed Estetica dell’Università La Sapienza, intuendo da subito il risvolto provocatorio del titolo. I temi affrontati sono quelli della bellezza, del rapporto medico-paziente e della capacità della chirurgia plastica di soddisfare il desiderio di perfezione che imperversa nella società attuale. Si parla inoltre del successo dei trattamenti microinvasivi come il botulino e i filler.

In un mondo imperfetto che cerca protervamente la perfezione torna sicuramente utile il parere di un esperto in materia che dice la sua sull’argomento più controverso del mondo.

Ognuno ha la sua storia, il suo percorso, il suo passato e – soprattutto – il suo corpo. L’arte del chirurgo plastico affidabile, nonché onesto, è quella di entrare nella mente di chi a lui si affida e comprendere dove, quando e se è davvero indispensabile intervenire. Nel libro, vengono condensate esperienze personali e casi vissuti legati da un filo conduttore che oggi più che mai possono essere di sicuro supporto a chi desidera intervenire chirurgicamente sul proprio corpo per trovare (o ritrovare) la forma perfetta.

E da qui la scoperta che in molti casi, dall’esagerata richiesta del paziente si può optare e condividere un intervento più soft e meno invasivo. Il diario-romanzo contiene anche, per i più esigenti un glossario relativo alle “parole della chirurgia estetica”.

Chiacchierare, dialogare, comprendere, dunque. Questo l’atteggiamento significativo e vincente che l’autore propone; in questo modo è possibile verificare per chi il medico deve davvero intervenire, se l’intervento stesso sia appropriato oppure no. Oppure se accompagnare il paziente per mano verso una nuova interpretazione di sé, della sua bellezza e delle sue (belle) imperfezioni.

A colorare il tutto con note appassionate sono le Spine di Rosa scritte da Rosa Manenti, brevi racconti distribuiti nel libro. Un contributo femminile, e dunque pungente, ai temi trattati dall’autore.