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Mostra Smach 2017, Space Days danneggiata: la lettera aperta del Presidente della giuria

Mostra Smach 2017, Space Days danneggiata: la lettera aperta del Presidente della giuria

Mostra Smach 2017, l’opera vincitrice, Space Days di Fabiano De Martin Topranin, danneggiata. La rabbia del presidente della Giuria della kermesse che ogni anno va in scena sulle Dolomiti.

Smach, Costellazione di arte, cultura e storia nelle Dolomiti, è un progetto che porta l’arte contemporanea in seno al paesaggio, coltivandolo, vivificandolo. L’edizione 2017 di Smach ha visto la partecipazione di 140 artisti, nove dei quali sono stati indicati dalla Giuria quali vincitori. Le opere proposte dai nove artisti selezionati sono dunque state realizzate e installate in ambiente.  Ognuna collocata in un sito differente, tra San Martin e Marebbe, esse costituiscono una riflessione concettuale, estetica e plastica sulla realtà montana del territorio in cui sono state inserite. Sulla natura e sulle crode, sull’interpretazione di usi e tradizioni locali, sulla percezione e fruizione stessa del paesaggio-patrimonio da parte dei suoi abitanti e visitatori.
Tra i nove artisti di Smach 2017, c’è Fabiano De Martin Topranin. La sua opera, intitolata “Space Days”, è una scultura lignea a dimensione reale, che rappresenta un cosmonauta, fermo al centro di un vasto spazio. Un elmo specchiante riflette il paesaggio circostante, ed i cieli. Lo spazio in cui l’esploratore siderale è immerso, non è però il cielo. Questo cercatore, giunto da altrove, si staglia nettamente, unica presenza ritta, isolato, nel cuore dell’altopiano di Fanes, tra le rocce, le erbe, le valli e i monti. La sua inaspettata presenza ci sorprende, facendoci pensare a concetti quali alienità, vastità, silenzio, distanza, presenza, contatto, volontà, esplorazione, ricerca.
L’opera, come tutte le altre realizzate attraverso Smach, è alla mercè degli elementi, e delle persone. L’astronauta campeggia nel cuore di Fanes, chiunque passi lo incontra, lo vede, riflette, è riflesso. Come l’astronauta stesso riflette il paesaggio.

Alcuni giorni fa, qualcuno ha danneggiato gravemente l’opera. Naturalmente, come tutti gli esploratori del senso (l’arte è una pratica che pensa e ripensa al senso delle cose), conosciamo bene gli uomini. Sappiamo dunque che gli uomini possono essere fertili, produttivi, generosi: enti relazionali, che costruiscono imprese straordinarie, nella ricerca, nella scienza, nella cultura, nell’arte, nel rapporto con gli altri enti.  Sappiamo anche, naturalmente, che alcuni altri uomini sono chiusi, stupidi, ostili, trascurati, ciechi. L’uomo che, trovandosi di fronte a un’opera tanto empatica, non ha saputo far altro che danneggiarla, è di certo uno stupido, che non ha potuto capire, né accettare, un generoso invito alla riflessione sull’essere. Nel momento in cui si è palesato il danno, abbiamo dovuto decidere cosa fare. La frustrazione dell’artista di fronte ad un gesto tanto stupido e indegno, ci ha fatto dapprima ipotizzare la rimozione del lavoro.  Così, il cosmonauta sarebbe mestamente sparito da Fanes. Ma, in realtà, è impossibile che una stupidità circoscritta possa aver ragione di una intelligenza diffusa. Che un moto riprovevole sappia prevalere su un’intenzione responsabile e propositiva. In ogni esplorazione è ìnsita una certa quantità di rischio.  Esso accentua il valore della ricerca, lo accende.

Per questo motivo, la Giuria di Smach, in accordo con l’artista, ha deciso di ricollocare l’opera, che nel frattempo è stata riparata.  L’opera è stata dunque donata, per una seconda volta, al paesaggio e ai suoi abitatori e frequentatori. L’opera si dona due volte, e in ciò prende spazio, e cresce. Il danneggiatore si è palesato una volta sola, nella sua infima, nana piccineria. L’arte e la cultura sono un richiamo, un richiamo agli uomini forti e desti che cercano, un richiamo al confronto, al pensiero ed alla percezione, al godimento delle risorse, alla loro valorizzazione tramite le pratiche di sensibilità ed intelligenza. Per questo l’arte vince sempre sulla stupidità. Per questo siamo felici che quest’elmo continui a specchiare i prati, le crode, il cielo e gli occhi aperti di chi non dovrà mai abbassare lo sguardo.