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Intervista a Stefano Cerveni, chiamatemi cuoco

Intervista a Stefano Cerveni, chiamatemi cuoco

Lo chef delle Due Colombe ci racconta Osteria con vista, il nuovo ristorante della Triennale
La storia di Stefano Cerveni parte dal cuore della Franciacorta dove, da anni, è a capo della brigata delle Due Colombe, ristorante al borgo antico, di Borgonato di Cortefranca in provincia di Brescia.

Una Stella Michelin dal 2008, questo ristorante di lusso accoglie i suoi ospiti in un luogo elegante e informale al tempo stesso, dove vivere un’esperienza gastronomica creativa e innovativa senza perdere il piacere dello stare a tavola.

Da Brescia, Stefano Cerveni ha conquistato Milano, dove a aprile 2015 ha inaugurato Osteria con Vista, il nuovo ristorante della Triennale, realizzando un suo sogno e tramutando in realtà un desiderio recondito di uno dei luoghi simbolo del capoluogo lombardo.

Museo e molto di più, la Triennale è sinonimo di design e innovazione, ma anche dello spirito anticonformista di Milano.

Una terrazza con vista finemente arredata, un progetto gastronomico semplice ma perfettamente studiato, una mission che mira a raccontare una filosofia di vita: Osteria con Vista è tutto questo e molto di più.

Osteria con Vista, Triennale

Abbiamo incontrato Stefano Cerveni e quello che abbiamo scoperto è una storia di vita fatta di passione e talento ma soprattutto di continua ricerca di sfide e nuovi traguardi da raggiungere.

Siete aperti da pochi mesi eppure i clienti vi considerano già un punto di riferimento…
Le cose belle non conoscono crisi. La difficoltà di questo momento è reale e palpabile ma è proprio in questi momenti che chi si differenzia, per passione e qualità, riesce a sopravvivere e addirittura a vincere.
Chi mette in un progetto un valore aggiunto problemi non ne ha, certo la gestione deve essere oculata e l’organizzazione responsabile, ma non mancano i margini per osare.

La scelta della location aiuta…
Siamo molto soddisfatti di come sta andando. Abbiamo ampiamente superato il moto positivo generato dalle grandi aperture che portano nei ristoranti “i curiosi”. Quella fase dura circa un mese e poi si capisce subito se un locale ha preso l’onda positiva o no. Certo la location è strepitosa e noi stiamo cercando di renderle omaggio con una proposta variegata e che sia all’altezza. Con l’idea di Osteria con Vista io volevo trasmettere tutti i desiderata che ho riposto in questo progetto, ovvero regalare alle persone un luogo dove mangiare bene e passare del tempo rilassandosi.

Cos’ha spinto qui i primi clienti?
Verso questo locale c’era grande aspettativa. Erano anni che lo si aspettava. Pensate che nel ’33 Giovanni Muzio, l’architetto che disegnò la struttura che ci ospita, organizzò la cena d’inaugurazione proprio in questo spazio. Ci sono voluti più di 80 anni e un grande sforzo economico sia pubblico sia privato, oltre che nostro, per trasformare questo sogno in realtà.

Anche verso di Lei c’era grande aspettativa…
Proprio così, a volte viene anche letta, questa mia presenza, come la volontà di proporre una cucina ed un servizio da “Ristorante Stellato”; mentre l’dea, e non a caso il nome del ristorante è Osteria con Vista, è quella di non essere stellati, ma di proporre le stesse materie prime di livello ma con piatti semplici e servizio informale.

Ecco la prima differenza con le Due Colombe…
Chi va a cena in un ristorante stellato vuole vivere un’esperienza. Per chi viene a mangiare all’Osteria con Vista preferisco invece non abbia pressioni, pur mangiando bene, e quello glielo garantisco con la qualità della materia prima.

Nella pratica in cosa si traduce questa differenza?
Alle Due Colombe rispettiamo un certo cerimoniale e dei canoni di servizio, che insieme alla cucina ci hanno permesso di prendere la Stella Michelin. Oggi come allora ci impegniamo affinché i nostri clienti si sentano appagati nel gusto e a proprio agio.
Osteria con Vista nasce però dalla voglia di reinterpretare le mie origini, per me qui è importante che si ristabilisca il legame tra il cliente e chi lo serve.

Ci racconta le sue origini?
La mia idea di cucina unisce tradizione e cultura. La mia è la terza generazione di osti, in cui il concetto di cucina va di pari passo con quello di ospitalità. La storia delle Due Colombe inizia con mia nonna e la sua locanda che serviva piatti ruspanti e della tradizione, dalla trippa al manzo all’olio, soprattutto ai venditori di bestiame che arrivavano in zona per il mercato della carne di Rovato che allora era il più importante d’Italia.
E’ intorno agli anni ’80 che prendono in gestione il locale i miei genitori, mio padre in cucina e mia madre in sala, che prima chiudono la locanda e poi incominciano a differenziare il menu proponendo una cucina con più personalità e studio.
Nel frattempo io giocavo con la pasta, studiavo alla scuola alberghiera di Desenzano, facevo qualche stage per poi tornare alla “cucina di casa”. Mio padre che è stato il mio primo maestro mi ha accompagnato nel mio percorso di crescita e negli anni ’90 sono arrivati i primi piatti eleborati e creati da me e con loro la nuova e terza era delle Due Colombe.

Ha avuto carta bianca nella costruzione di Osteria con Vista?
La struttura, che è costata circa 1 milione di euro, c’è stata fornita in parte già attrezzata. Il nostro lavoro è stato poi quello di renderlo un ristorante funzionale. Abbiamo attrezzato la cucina che ci serve per le preparazioni aggiungendo forni, abbattitori, e tutti gli strumenti necessari, allargato la live kitchen che è stata realizzata da Electrolux su mio disegno, ampliato la zona bar e pensato all’arredamento.

Parlando del progetto del ristorante vero e proprio?
La proposta di Osteria con Vista è poliedrica come lo è la struttura che la ospita. Partiamo con un pranzo light servito dalle 12:30 alle 15 e con un menu pensato per soddisfare ogni esigenza, dal manager in pausa che ha poco tempo, ai visitatori della Triennale che vogliono concedersi un po’ di relax passando ai pranzi con le amiche delle signore milanesi. A partire dalle 15 fino alle 18 serviamo la merenda, dolce e salata. I nostri ospiti possono degustare piatti veloci, bersi un drink e aspettare il momento aperitivo che parte alle 18:30 fino a inizio cena e dove serviamo finger food e assaggi in base agli ingredienti freschi di giornata. Per la cena invece c’è un menu studiato ad hoc e più elaborato ma sempre basato sulla mia idee di osteria: piatti non troppo elaborati, preparati con pochi passaggi e ben riconoscibili. Sono gli ingredienti a fare la differenza.

Qual è il diktat nella cucina di Osteria con Vista?
Servire piatti essenziali, semplici. Cibi buoni e sani. Ed è lo stesso anche per me stesso, più che un piatto è la materia prima che mi emoziona.

E a tale proposito quali sono gli ingredienti ai quali non rinuncerebbe mai?
Sono tre: sale di maldon, olio extravergine d’oliva e burro buono.
Il primo, meno salato rispetto a quello normale dà ai piatti una marcia in più. Adoro metterne qualche cristallo sui piatti finiti, gli conferisce personalità non solo per il gusto ma anche grazie alla consistenza. Per quanto riguarda l’olio preferisco utilizzare quello di Garda o del Sebino, non perché in Italia non ce ne siano di straordinari ma perché penso che ai cuochi spetta anche il dovere di promuovere il proprio territorio. Infine il burro d’Isigny, rispetto a quelli italiani è puro tanto da non aver nemmeno bisogno di essere chiarificato prima dell’utilizzo.

Quanto conta dunque la materia prima?
La materia prima è tutto, diciamo l’80% di un buon piatto. Fare la spesa, scegliere i fornitori giusti e creare con loro il giusto legame è fondamentale. Un ingrediente è buono anche in relazione a quando arriva nelle tue mani ed è compito del cuoco riuscire ad avere sempre il meglio.

Cuoco non Chef?
Io nasco come cuoco e mi sento ancora un cuoco. Mi piace stare in cucina a preparare i piatti per i miei clienti e lo faccio più che posso.

E invece che caratteristiche devono avere i sui collaboratori?
Anche in questo caso sono tre le caratteristiche irrinunciabili: umiltà, rispetto e fama di crescita. Per fare questo mestiere non si deve mai pensare di aver finito di imparare, devi aver presente sempre che senza le persone che hai di fianco, tutte dal lavapiatti allo chef, non vai da nessuna parte e devi essere animato da un’eterna insoddisfazione, si può sempre fare meglio.
Insomma più che fenomeni io cerco persone con la mentalità giusta e con le quali è un piacere lavorare.

Com’è stato scegliere il team di questo nuovo ristorante, sapendo anche di non poter essere sempre presente?
Costruire la squadra de l’Osteria con Vista non è stato assolutamente facile. Siamo in 38 e non abbiamo ancora finito. E’ stato difficile scegliere le persone quando ancora il ristorante non era finito. Il 13 aprile abbiamo aperto con i lavori di rifinitura non ancora completati e da allora non ci siamo ancora fermati. Diciamo che piano piano stiamo raggiungendo l’equilibrio a cui aspiravo all’inizio, è un lavoro duro ma che poi dà grandi soddisfazioni.

Quali sono i clienti più ricettivi?
Come in tutte le cose sono le persone che fanno la differenza più che una tipologia. Forse con gli stranieri è più facile perché sono più attenti. Lo si vede già dal tempo che ci mettono a consultare il menu, in media molto più alto. In genere apprezzano più i dettagli, ovviamente con un approccio differente a seconda delle provenienza, gli americani ad esempio sono appassionati ed entusiasti mentre i francesi più critici, anche in virtù della loro lunga tradizione.

Un sogno nel cassetto?
Osteria con Vista per me è la realizzazione di un sogno, in cui la freschezza della proposta e la leggerezza del momento sono più importanti del rituale. Se proprio devo pensare a una cosa che non ho mai fatto direi la pizza. Non conosco i segreti della lievitazione e non l’ho mai infornata in un forno a legna. Ecco, quando riuscirò a ritagliarmi del tempo mi cimenterò nella pizza!

Osteria con Vista, Triennale

Francesca Zottola