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Calzaturificio Lario riparte dalla tradizione

Calzaturificio Lario riparte dalla tradizione

Intervista a Cristiano Ottonelli
Lario è uno dei più antichi calzaturifici italiani che ha fatto della sua tradizione la carta vincente per guardare verso il futuro.

Artefice del rinnovato corso dell’azienda comasca è la coreana E.Land che con 30mila dipendenti in Asia, 7mila punti vendita e circa 77miliardi di dollari di fatturato, è uno dei player mondiali del lusso.
Infatti, oltre al Calzaturificio Lario (proprietario dei marchi Lario 1898, Lorenzo Banfi, Nebuloni e Sutor Mantellassi), che ha acquisito nel 2010, il gruppo ha in portafoglio una settantina di marchi fra cui gli italiani Mandarina Duck (acquistato al 100% con un aumento di capitale da 27 milioni di euro), Coccinelle (acquista per il 100%) o gli inglesi Gloverall (montgomery) e Peter Scott (cachemire).

“E.Land – spiega Cristiano Ottonelli, amministratore delegato del Calzaturificio Larioè un gruppo con una solida base finanziaria che acquisisce brand in difficoltà e li sviluppa puntando sull’espansione della rete retail. In particolare per Lario apriremo, entro quest’anno, un negozio a Milano, uno a Parigi e uno a Seul. È partito anche il progetto frachising che vedrà, entro settembre, due negozi in Francia. Per i prossimi tre anni è stato stanziato un investimento di 11milioni di euro per l’inaugurazione di almeno altri quattro monomarca in Cina e Corea”.

Andrea de Vitis - designer Calzaturificio LarioSul fronte prodotto è stato completamente rivoluzionato il reparto design che vede come direttore artistico delle linee uomo e donna dell’azienda Andrea de Vitis.
Prestigioso designer opera, come consulente, per stampe di tessuti e soft accessories per diversi brand tra i quali Emilio Pucci, Celine, Calvin Klein, Brioni, Malo, Valentino, Pirelli, Mitsubishi divisione tessile oltre che nel mondo degli accessori per la licenza Ken Scott borse e collabora come designer pelletteria per Manas, Lea Foscati e Pinko.

In questo nuovo corso sono rimasti dei punti fermi?
Sicuramente i capisaldi della manifattura rimangono immutati. La tradizione, la morbidezza, la comodità della scarpa sono le qualità di Lario perché una scarpa è bella quando calza come un guanto. A garantire la morbidezza sono le nappe più pregiate e soffici conciate anilina mentre la lavorazione “a sacchetto” permette di creare scarpe dotate di una flessibilità unica perché non assemblate a un sottopiede rigido. In questo modo i pellami usati non subiscono stress e hanno una tenuta maggiore all’usura. Il prodotto, infatti, è calzato sulla forma senza l’uso di macchine, ma solo grazie ai movimenti manuali di esperti artigiani calzaturieri.

Come sosterrete questa nuova era?
Abbiamo stanziato un budget di oltre 500mila euro per una campagna di comunicazione sobria e dai toni pacati, come è la filosofia del brand.

Come prevedete si incrementerà il vostro giro d’affari?
Contiamo di chiudere il 2012 a 12milioni di euro che dovrebbero diventare 16 l’anno prossimo. La nostra quota export è dell’85% prevalentemente verso Francia (il nostro primo mercato) e Germania. Nel nostro piano industriale prevediamo di entrare in nuovi mercati quali Russia, Corea e Cina. Il tutto senza dimenticare l’Italia dove, con la formula del franchising, vogliamo arrivare a 15 monomarca entro settembre.

Pensate di ampliare la gamma della vostra offerta?
Il nostro core business sono le calzature che produciamo in una fabbrica di proprietà che impiega circa 40 persone. Abbiamo abbinato una linea di borse che viene realizzata in un’azienda di Varese sempre di nostra proprietà. A parte queste due categorie di prodotto, complementari fra loro, non abbiamo intenzione, per il momento, di inserire altre categorie merceologiche.

Calzaturificio Lario - collezione autunno inverno 2012-2013

Alessandra Iannello