
Le caratteristiche di questo vino
Il suo nome è sinonimo di Nebbiolo. E non è un caso.
Il vino Nebbiolo, così come lo conosciamo ed apprezziamo, nasce proprio nel piccolo paese di Barolo, nell’ormai famoso territorio delle Langhe, nel cuore del Piemonte.
Una storia recente, che ricalca la più famosa storia dell’Italia Unita. Una storia che ha inizio tra il 1830 ed il 1850 e che vede protagonista una donna, la marchesa Juliette Vittorina Corbette, più famosa come la marchesa Giulia di Barolo, moglie del marchese Carlo Tancredi Falletti di Barolo. Il loro Palazzo ospitò famosi personaggi della cultura dell’epoca, tra i quali spicca il nome di Silvio Pellico.
Fortemente attaccata alle origini francesi, la Marchesa di Barolo, amava i vini importanti, di grande struttura ed invecchiamento, come i rossi di Bordeaux. Nel 1843, insieme al Conte Camillo Benso di Cavour, chiama in Italia il conte Oudart, grande enologo francese, con l’obiettivo studiare e trasformare il locale vitigno piemontese, in un grande vino di pregio.
Nella zona, l’unico vitigno disponibile era il Nebbiolo. Conosciuto da sempre: citato da Plinio il vecchio, le prime tracce scritte risalenti al 1200. Un vitigno difficile, dalla maturazione tardiva e, per questo, raccolto in autunno inoltrato, quando calano le prime nebbie. Da qui il nome. Era vinificato quando ormai le temperature erano troppo basse da permettere un completo sviluppo degli zuccheri. Nel bicchiere si presentava di coloro molto chiaro. Un vino molto abboccato o addirittura dolce, con una scarsa capacità di invecchiamento.
Grazie agli studi del conte Oudart, si misero a punto moderne tecniche di fermentazione, dalle quale nacque il grande vino Barolo. Un vino che immediatamente conquistò anche il re Carlo Alberto.
Oggi il Barolo è tra i porta bandiera dei grandi vini italiani nel mondo.
Vino DOCG, prodotto esclusivamente con uva Nebbiolo, nelle sottovarietà Michet, Lampia e Rosè (quest’ultima sempre meno usata), in un territorio che comprende undici comuni, tutti in provincia di Cuneo. Tra di essi, i più importanti: Barolo, Castiglione Falletto, Serralunga d’Alba, Monforte d’Alba, La Morra, Grinzane Cavour.
Invecchia per almeno 3 anni, dei quali almeno 2 in botti di rovere o di castagno. Periodo che sale a 5 anni per il Barolo “Riserva”. Una volta in commercio il Barolo presenta una gradazione alcolica minima del 13%.
Nel bicchiere si riconosce immediatamente per la sua trasparenza e per il colore rosso granato che, con l’invecchiamento presto tende all’aranciato. Al naso, i profumi sono evoluti: si passa dai profumi di frutta a bacca rossa, per salire ai sentori di cioccolato, vaniglia, spezie e confetture di frutti di bosco. In bocca, il tannino è presente, ma sapientemente ammorbidito. Negli abbinamenti a tavola occorre tenere sempre presente il carattere e la robustezza di questo vino. Da prediligere, quasi esclusivamente, i secondi piatti di carne rossa, in particolare la selvaggina: brasati, stracotti e stufati. Meno adatto per gli arrosti.
Ovvio, quasi scontato, che il Barolo è un vino da lungo invecchiamento. Dà il meglio di se verso i 10 anni di vita. Anche se ultimamente, l’avvento di Barolo “moderni”, riducono, anche di molto questo periodo.
Tradizionale o Moderno?
La tradizione vuole che il Barolo affini all’interno di botti grandi. Si ottiene una buona ossigenazione, riducendo però il contatto con il legno. Il risultato è un vino che necessita di più lunghi periodi di affinamento, sia in cantina che in bottiglia, ma che esprime aromi e sapori più legati al vitigno e che non “sanno di legno”.
Al contrario, i Barolo “moderni”, affinano in piccole botti, le barrique, che accelerano i tempi di affinamento. Vini che si distinguono per l’immancabile “nota di vaniglia” tipicamente rilasciata dal legno. I Barolo “moderni” incontrano il gusto “internazionale” e sono pronti da bere dopo poco tempo dal loro acquisto.
Per riconoscere i Barolo “tradizionali” da quelli più innovativi, prima che al palato, basta affidarsi ad una veloce ricerca nei siti dei vari produttori per verificare il tipo di affinamento adottato.
Per concludere, una piccola guida ad oltre 60 anni di Barolo, per orientarsi tra le buone annate e quelle eccezionali.
Quest’ultime da non perdere: se le trovate.
1947 ECCEZIONALE 1950 normale 1951 buona 1952 normale 1954 normale 1955 buona 1956 normale 1957 ottima 1958 grande 1961 grande 1962 normale 1964 grande 1965 normale 1967 ottima |
1969 normale 1970 grande 1971 ECCEZIONALE 1973 normale 1974 ottima 1975 buona 1976 normale 1977 normale 1978 grande 1979 ottima 1980 ottima 1981 normale 1982 grande 1983 buona |
1984 normale 1985 ECCEZIONALE 1986 ottima 1987 buona 1988 ottima 1989 grande 1990 ECCEZIONALE 1991 buona 1993 buona 1995 buona 1996 grande 1997 ECCEZIONALE 1998 ECCEZIONALE 1999 ottima 2000 ECCEZIONALE 2001 ECCEZIONALE 2002 normale 2003 ECCEZIONALE 2004 ECCEZIONALE |
Fonte enoteca regionale del Barolo.
Box dei produttori:
Azienda Agricola Elio Altare; Cantina Bartolo Mascariello; Fontanafredda; Poderi Aldo Conterino; Azienda Vitivinicola Giacomo Conterno; Azienda Agricola Domenico Clerico.