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2 – Il Nebbiolo a tavola

2 – Il Nebbiolo a tavola

Come degustare al meglio questo nettare

Nonostante la sua fama ed il suo prestigio, il vino Nebbiolo, nelle sue diverse interpretazioni, è poco conosciuto e, purtroppo, mal abbinato.

Il suo è un carattere scontroso ed alquanto ruvido. Occorre quindi avvicinarvisi senza fretta, sapendo che lì, nel bicchiere, non andremo ad incontrare un vino facile e beverino.

Innanzitutto occorre tener presente, che dal vitigno Nebbiolo, si ottengono diverse ed alquanto distinte categorie di vino, ognuna delle quali con caratteristiche di servizio ed abbinamento ben specifiche. Per semplicità possiamo suddividere i vini prodotti con uva Nebbiolo in tre gruppi pressoché omogenei, in termini di servizio ed abbinamenti.

Nel primo gruppo incontriamo le “ 6 DOCG”: le 4 piemontesi (Barolo, Barbaresco, Ghemme e Gattinara) e le due lombarde (Valtellina Superiore e Sforzato della Valtellina). Vini a dir poco importanti che richiedono poche, ma importanti attenzioni, soprattutto in termini di servizio. I vini di questo gruppo hanno una buona capacità di invecchiamento. È facile quindi trovarsi di fronte a vini con anche dieci o più anni di vita. Necessitano quindi di una buona ossigenazione per esprimere al meglio i profumi e gli aromi. Per far ciò, si possono aprire le bottiglie 1-2 ore prima di andare a tavola.
Ma, la vera ossigenazione avviene direttamente nel bicchiere, che deve essere ampio, ma non esagerato. Quasi tutti i produttori di bicchieri, hanno in catalogo una linea “nebbiolo”, che ci può guidare nella scelta. Bicchieri che non dovranno mai essere troppo pieni. Piccole quantità di vino nel bicchiere consentono una perfetta e veloce ossigenazione. Per quanto riguarda il tanto discusso decanter, è utile solo in presenza di vini molto invecchiati e per eliminare le eventuali residui solidi presenti nella bottiglia. Non ottimale, a mio parere, per ossigenare il vino.

Importante invece il termometro. Questi sei grandi vini, richiedono, più di altri, che la temperatura di servizio sia accurata e precisa: tra i 18 ed i 20°.

In generale, tutti questi vini si accompagnano perfettamente con piatti importanti: secondi di carne rossa formaggi ben stagionati, e piatti di pasta con ragù di carne.

Nello specifico, il Barbaresco è ideale per aprire una cena, magari con un bis di agnolotti e ravioli al plin. Ottimo anche con i formaggi ben stagionati come Castelmagno o Parmigiano stravecchio. Per i secondi, il Barbaresco è l’ideale compagno degli arrosti di carne rossa, in particolare maiale. Accompagna bene anche i brasati e gli stufati, meglio se di cacciagione, per i quali possiamo optare anche per il Barolo.Brasato di cinghiale

Il Barolo è da preferire solo con importanti secondi di carne. Perfetto, come già detto per i brasati e stufati, ma anche gli stracotti. Per la scelta delle carni, ideale la selvaggina, meglio se “di pelo”. Da provare con il cinghiale in casseruola e la lepre in salmì.

Per i secondi di carne arrosto, specie di carni più delicate, il Ghemme ed il Gattinara sono pressoché perfetti. Arrosti, specie di maiale, ma anche stufati ed piatti di carne in umido. Bene anche con i primi di pasta fresca conditi con i sughi di carne arrosto o stufata, ed i formaggi a media-lunga stagionatura.

Discorso a parte per i due vini provenienti dalla Valtellina. Indicati, ovviamente, per accompagnare i secondi del territorio insieme all’immancabile polenta. Il Valtellina Superiore è perfetto con il cervo in salmì e con l’anatra in casseruola, oltre che con le versioni più stagionate dei formaggi locali. Lo Sforzato è un vino da bersi da solo, per apprezzarne fino fondo il vasto corredo aromatico. Volendolo abbinare, bisogna scegliere piatti ben strutturati e con una buona componente aromatica. Bene allora il cervo, ma marinato e preparato con bacche di ginepro. Ma come già detto, il mio consiglio personale è di lasciare un bicchiere di Sforzato per il fine cena, da sorseggiarsi da solo, magari con qualche scaglia di formaggio, dialogando con gli amici, come un vero vino da meditazione. Alla pari di un altro grande vino rosso secco, l’Amarone, che incontreremo prossimamente.

I vini appartenenti al secondo gruppo sono adatti per piatti più delicati, meno strutturati e, magari, più presenti sulle nostre tavole. Vini come il Roero Docg e come gli “altri nebbiolo” piemontesi, primi tra tutti il Nebbiolo d’Alba DOC. Langhe Nebbiolo DOC.
Il Roero Docg, ad esempio, si adatta perfettamente alle immancabili “lasagnette al forno” della domenica, alla classica entrecote di manzo al vino rosso, o ad alcune carni bianche, come il petto di cappone stufato.

Infine, il terzo gruppo, dove inserire i cosiddetti “outsider”, espressioni più moderne del vitigno Nebbiolo. Vini che, spesso, non rientrano nei disciplinari DOC, etichettati con la più semplice IGT. In questo gruppo è facile scoprire il lato più delicato e più aromatico del Nebbiolo. Colori più tenui e, quasi sempre, assenza di affinamento in botti di legno, per vini che ben si abbinano con piatti molto delicati: secondi di carne bianca o di pesce, come il tonno alla piastra.

Danilo della Mura

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