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Polo: i club in Italia

Polo: i club in Italia

Come e dove praticare lo sport dei re

Lo Sport dei Re“, così viene chiamato il polo. Seppur questo si riferisca principalmente alle sue antiche e nobili origini e ai suoi illustri praticanti, in realtà ne descrive anche un’altra caratteristica: l’esclusività. Questo gioco infatti non è per tutti: una squadra di polo – composta da quattro giocatori, una ventina di cavalli e almeno  quattro o cinque persone di staff –,  si sposta da Paese a Paese, da torneo a torneo, per sei mesi all’anno. Questo implica un impegno non indifferente, sotto diversi punti di vista.

I polo club esistenti non sono tantissimi, in particolare in Europa, dove trovare lo spazio per una struttura del genere non sempre è cosa facile. Oltre alle scuderie, che devono potere ospitare un grande numero di cavalli, agli spazi per il lavoro degli animali, alle abitazioni per il personale, alla club house, è anche necessario, ovviamente, che ci siano dei terreni di gioco idonei. Un campo da polo è molto più di una semplice distesa di erba di 270 metri per 180: deve essere compatto ed elastico, con un fondo sabbioso e un manto erboso resistente; manutenzione e irrigazione regolari sono indispensabili.

In Italia, i club affiliati alla FISE, la Federazione Italiana Sport Equestri, sono una quindicina. Questo numero può sembrare esiguo ma in realtà, in proporzione ai soli centocinquanta tesserati circa, offre davvero una discreta scelta.

Ma qual è il percorso per incominciare a praticare questo sport? E’ chiaramente necessario rivolgersi a una scuola di polo dove un istruttore ci guiderà nell’apprendimento delle basi di questo complesso gioco. Prima di tutto si imparerà l’equitazione specifica per il polo che, oltre alle redini nella mano sinistra e la stecca nella destra – anche per i mancini –, prevede una gestione dell’equilibrio un po’ diversa da quella delle altre discipline equestri. Dopodiché si impareranno gli otto colpi base – in avanti,  indietro, sotto il collo e sotto alla coda sia a destra che a sinistra -, a volte con l’ausilio del cavallo di legno. Si proseguirà poi con la comprensione delle regole e finalmente si sarà pronti per la prima partita: un’emozione davvero ineguagliabile. 

Per poter partecipare ai tornei è inoltre necessario superare un esame, consistente in una parte teorica e una parte pratica. Passato l’esame, verrà assegnato un handicap di –1; handicap che crescerà in base alle performance, valutate da una commissione presente agli eventi e che si riunisce una volta all’anno per decidere eventuali cambiamenti nei rating dei giocatori.

Pur essendo sempre stato, ed essendo destinato a rimanere, uno sport di nicchia riservato a pochi, il polo ha ogni anno più adepti: persone provenienti da altre discipline equestri che vogliono provare qualche cosa di nuovo, persone che ne sono rimaste affascinate vedendolo giocato, persone alla ricerca di un lifestyle  unico, di adrenalina, di una sfida. Il percorso di crescita nel polo è infatti un percorso che dura tutta la vita;  i giocatori che raggiungono livelli di gioco superiori a 2 gol di handicap sono pochissimi, ma forse proprio la difficoltà è una delle tante caratteristiche che lo rende così seducente. E ancora una volta, questo gioco   si rivela un’ottima metafora per la vita: non è la destinazione che conta ma il percorso. 

Allegra Nasi

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