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Riapertura ristoranti in Italia: il modello svizzero che anche l’Italia dovrebbe adottare

Riapertura ristoranti in Italia: il modello svizzero che anche l’Italia dovrebbe adottare

La luce in fondo al tunnel sembra vicina. Ma non per l’Italia, bensì per la Svizzera. L’11 maggio gli elvetici riapriranno i propri ristoranti, bar e pub. Le norme di sanificazione dell’ambiente e i presidi sanitari obbligatori risultano piuttosto delineati secondo chiare direttive, rivolte sia ai ristoratori che ai clienti. Come mai l’Italia non segue il modello svizzero? La domanda sorge spontanea e, mentre siamo occupati a cercare una risposta, leggiamo insieme la normativa disposta da GastroSuisse. Nientemeno che l’associazione colosso nel settore della ristorazione e alberghiero in Svizzera.

Riaprono i ristoranti: il modello svizzero

  • Prenotazioni: telefoniche e indispensabili sia a pranzo sia a cena per massimo 4 commensali per tavolo con la comunicazione dei loro dati che saranno conservati dal gestore per 15 giorni a disposizione delle autorità sanitarie nel caso si dovessero verificare casi di positività al Covid.
  • Misure igieniche: no box in plexiglass e no mascherine per i clienti, mentre i camerieri dovranno indossarla all’occorrenza, ricorrendo al buonsenso. Tovaglie e sottotavola verranno sanificati ad ogni uso, così anche i menu. Sul tavolo niente riviste o giornali od oggetti non utili.
  • Distanziamento: almeno 2 metri tra un tavolo e l’altro, al massimo 4 commensali per tavolo, tutti conoscenti. Vietato alzarsi per interagire con altri avventori e mani igienizzate all’ingresso.
  • Pagamenti: nei ristoranti previste solo transazioni elettroniche, messi al bando i contanti.

Riaprono ristoranti in Svizzera: il modello che anche l'Italia potrebbe adottare

Intanto in Italia la protesta

Ristoratori scesi in piazza per protestare contro il governo, secondo loro causa della profonda crisi economica negli ultimi mesi di emergenza Coronavirus. In seguito ad una mattinata di protesta, la Polizia di Stato ha sanzionato  titolari di ristoranti, bar e pub milanesi per essersi assembrati nonostante sia vietato. Le multe effettuate sono state in tutto 15, da 400 euro. La bufera politica non ha tardato ad incombere, e chi meglio dell’ex ministro degli interni è bravo a gettare legna sul fuoco.  Matteo Salvini ha infatti dichiarato: «Non ho parole! Imprenditori e commercianti in piazza a Milano, con mascherine, distanza ed educazione. Risposta dello Stato? 400 euro di multa… Gli italiani chiedono aiuti e supporto, non multe e burocrazia. Lo Stato e il Comune di Milano». Una provocazione a cui il sindaco Beppe Sala si è trovato a dover ribattere: «Matteo Salvini, campione di fake news, mente sapendo di mentire. Il Comune e la polizia locale non c’entrano. Ma, al netto di queste strumentalizzazioni, sono ben conscio del problema di questi commercianti e, senza slogan o proclami, ho chiamato il prefetto e chiesto di ricevere il prima possibile una loro delegazione».

Ferita che sanguina

La categoria di ristoratori e imprenditori del campo, è profondamente ferita dalle misure decise dal governo per l’emergenza sanitaria che il mondo sta attraversando. Su settemila esercizi in territorio milanese si stima che alla data di ripartenza, oltre 2 mila non riusciranno ad riaprire, e che parecchi di quelli che ce la faranno rischiano invece di rimanere vuoti. Quasi cinque ore di assembramento, vietato dalla legge a causa dell’emergenza sanitaria, la Polizia di Stato è dovuta intervenire multando i 15 manifestanti. È stata un’operazione inevitabile, poiché la questura aveva già fatto chiarito ai manifestanti che non fosse possibile assembrarsi in questo dato periodo storico. Ricordiamo infatti che gli assembramenti, da quando è in vigore il dpcm, sono sempre stati sottoposti a sanzioni. Dalla questura dichiarano: «È già accaduto il 25 aprile con diversi gruppi di sinistra che volevano rendere omaggio ai partigiani, il 29 con i gruppi di destra che invece volevano commemorare Sergio Ramelli». Insomma, forse per la prima volta, la legge è uguale per tutti.
I ristoranti ci mancano eccome.

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