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Intervista a Mario Boglioli

Le collezioni dell’uomo che ha conquistato la Francia sono presenti a Pitti Uomo 73

Vestiva i Rolling Stones, Bill Clinton, Roberto Mancini e Flavio Briatore acquistavano spesso le sue giacche. Nel fantastico successo hollywoodiano “Il diavolo veste Prada” Simon Baker indossa una sua K Jacket. La divisa dell’Ajax é firmata sempre Boglioli.
Aveva tante ragioni per essere contento, poi l’elezione di Sarkozy lo ha fatto letteralmente volare. Come fatturato e come immagine. Tutti ne parlano, ovunque. A Parigi é diventato un personaggio di prima pagina, forse non a caso gli piace così tanto andarci. Avete visto il reportage realizzato dalla rivista Verve, sul numero dicembre? Mario Boglioli pare davvero a casa sua nella capitale francese.
Le sue collezioni sono presenti in questi giorni a Pitti Uomo 73.

Cosa significa per lei e per la sua azienda esporre al Pitti?
Significa confrontarmi con quello che propongono gli altri marchi.

Ricorda la sua prima volta alla Fortezza?
Si è stata anni fa ormai. I giapponesi hanno invaso letteralmente il nostro stand e scattavano foto a non finire.

Se dovesse scegliere una polaroid delle passate edizioni, su quale si fermerebbe?
L’edizione estiva del 2007. Tutti volevano conoscerci perché qualche mese prima il neo presidente francese Sarkozy aveva indossato i nostri capi suscitando un interesse smisurato nella stampa mondiale.

La soddisfazione più grande vissuta qui?
Proprio nel luglio 2007. Passavo il tempo a rilasciare interviste, a vedere giornalisti provenienti da ogni parte.

Quanto incide il Pitti sulle vendite successive?
Ha sempre inciso molto.

Essere presenti é più importante per una questione d’immagine oppure di fatturato?
Secondo me metà e metà. Le due cose vanno di pari passo.

Essere presenti, la si può definire una scelta obbligata?
No, ma non esserci sarebbe un grave sbaglio.

Come si prepara il Pitti? Anzi, lei come lo prepara? Su quale aspetto mette l’accento? Cosa e come deve essere messo in evidenza?
Conversando e mettendo a punto tutti i particolari con l’architetto milanese Quadri che progetta da sempre i nostri stand come pure lo showroom. Il look dello spazio è importantissimo, determinante per gli acquirenti. Ovviamente una cura quasi maniacale viene data ai capi e il modo in cui vengono presentati.

C’è un capo d’abbigliamento che, ovviamente al Pitti, vi ha dato, nel passato, una grossa soddisfazione?
Le giacche in cashmere lavate e tinte in capo, un grande successo.

Per quest’anno cosa si aspetta?
Grandi numeri come sempre.

Secondo lei il buyer straniero cosa cerca al Pitti?
La novità assoluta, la curiosità più stravagante ma vendibile.

Parlando più in generale, il settore della moda come va?
Così così. Ma non lamentiamoci, in altri settori la situazione è più precaria ancora.

La battaglia per il Made in Italy, nel senso di evidenziare i prodotti realizzati all’estero, é una battaglia già persa in partenza oppure si potrebbe fare qualcosa?
Nulla è perso, ma il discorso è complesso.

Come target, come posizionerebbe la sua azienda?
Medio alta.

Per il 2007 avete raggiunto i traguardi prefissati?
Superati e di gran lunga.

Ci sono margini di crescita?
Ovviamente, eccome!

Per quello che riguarda i mercati stranieri, ci potrebbe dire quale lo soddisfa, dal punto di vista delle vendite?
Tutta l’Europa più Russia e Giappone.

Un mercato dove vorrebbe espandersi?
Stati Uniti d’America. Siamo ben posizionati ma vogliamo allargarci.

Durante gli anni ha commesso un errore che si potrebbe confessare? Ovviamente si tratta di un potenziale cliente trattato con sufficienza, oppure un mercato nel quale non avete creduto.
Anni fa nel mercato russo.

Quando ha iniziato a lavorare nel settore della moda?
Da quando avevo 15 anni. Con mio padre e con mio nonno.

Perché le piace tanto la moda, il suo mondo?
Perché è un mondo di pazzi, di folletti. Folletti con tanto di testa, però.

C’è un aspetto del suo lavoro che le piace in modo particolare?
Viaggiare spesso in Francia, Giappone e Stati Uniti.

Ha un sogno nel cassetto, legato all’azienda?
Farla primeggiare ovunque.

C’é un azienda, oppure più di una, che costituisce per voi un punto di riferimento?
Sì, la grande Hermès.

C’é un leitmotiv che lo accompagna?
Classe, ricerca, originalità, un lusso sobrio, molto sobrio, raffinato.

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