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Il lusso è social?

Il lusso è social?

Un’apparente contraddizione

All’epoca del boom della net-economy, accostare le parole web e lusso veniva ritenuto oltraggioso ed assurdo, quasi un ossimoro: quando nel 2000 Net-a-porter lanciò la vendita online di prodotti di lusso tutti pensarono che sarebbe fallita. Dieci anni dopo, uno dei principali gruppi del lusso, Richemont (Cartier, Van Cleef, Jaeger-Le-Coultre, etc.), l’ha acquistata: qualcosa è decisamente cambiato.

Negli ultimi due anni, con una particolare accelerazione in questi ultimi mesi, le marche del lusso si sono progressivamente spostate sul web, attingendo a piene mani dalle possibilità che questo strumento offre: dall’e-commerce alla comunicazione (abbiamo già parlato dei video) alla presenza sui social network, aspetto del quale vogliamo parlare oggi.

Facebook, Twitter, YouTube, i blog sono luoghi aperti, di scambio, di interazione, di condivisione: sono conciliabili con i concetti classici che associamo alle maison del lusso, come l’esclusività, la selettività? Le marche del lusso sono social?

Prendiamo ad esempio il nuovo sito di Gucci, che ha una sezione che si chiama “Gucci connect” che elenca tutte le attività digitali del brand: quasi una “Repubblica del Lusso” se pensiamo che la pagina ufficiale Gucci su Facebook annovera 1.400.000 fan.
Oppure Burberry: con “The art of the trench” ha creato un vero e proprio movimento di appassionati che, connettendosi da Facebook, inviano da tutto il mondo la loro foto con indosso un trench Burberry e possono lasciare commenti e condividere con i propri amici – quello che tecnicamente si chiama user generated content e che è agli antipodi della strategia tradizionale dei brand di lusso, che tendono al massimo controllo e ad imporre il proprio stile di comunicazione ed il messaggio.
Ma anche Ferragamo, Dior, Cartier, Louis Vuitton, TAG Heuer hanno la loro pagina sui social network. Zegna si è spinto oltre: Alessandro Sartori, direttore creativo della linea giovane ZZegna tiene un suo blog, instaurando con i propri fan un rapporto ancora più diretto, informale ed immediato.

Ma perché?
Innanzitutto, come ci ricorda il Kapferer, la comunicazione della marca di lusso deve andare oltre i confini del proprio target di clienti: la marca di lusso deve essere conosciuta e riconoscibile da tutti (o da moltissimi) per consentire l’effetto di ammirazione e di desiderio nei confronti di coloro (i pochissimi) che possono acquistarla.
Poi, con un gioco di parole, possiamo dire che le masse presenti sul web diventano esse stesse media, ovvero strumento di amplificazione, di comunicazione virale, di diffusione della notorietà della marca, dei suoi prodotti, della sua pubblicità – ad un costo per contatto decisamente conveniente rispetto ai media tradizionali.
Il web consente a tutti di avvicinarsi alla marca, di conoscerne i prodotti, di scoprirne la storia, i segreti e le icone, annullando quelle barriere che spesso riscontriamo in un punto vendita e permette di accedere a realtà, come i back-stage o le sfilate, cui altrimenti non avremmo mai partecipato.

Seppure in un ambiente che le maison del lusso cercano di controllare, tutto il contenuto generato e le informazioni che circolano hanno un indubbio effetto positivo: il lusso è cultura, conoscenza, curiosità e maggiore è il numero delle persone che imparano a conoscere il lusso e maggiore sarà il numero di coloro che sapranno apprezzare e riconoscere la qualità, l’artigianalità, l’importanza del dettaglio e che si allontaneranno dall’imitazione, dal trucco industriale, dalle pseudo-marche.

In un certo senso possiamo assimilare questo tipo di esperienza alla Vogue’s Fashion Night Out, durante la quale migliaia di persone in tutto il mondo si sono riversate nei negozi delle più esclusive vie del lusso (pur essendo pochi quelli con il reale potere di acquisto) per entrare in negozi nei quali altrimenti non sarebbero entrate, cogliendo l’occasione di soffermarsi sui prodotti, vederne le finiture, apprezzarne le sensazioni al tatto. Entrambe sono opportunità di educazione al bello, perché la vera nemica del lusso non è tanto la povertà, quanto l’ignoranza.

Di Marco De Angeli, ABC, e Lisa Epaule

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