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Baglietto: intervista a Maurizio Cei

Baglietto: intervista a Maurizio Cei

“Il lusso? È un bisogno”

Baglietto è uno dei cantieri storici della nautica italiana, che si distingue da sempre per una produzione di altissima fascia, vero sinonimo di esclusività. Luxgallery ha incontrato l’amministratore delegato, Maurizio Cei, per parlare del presente e del futuro Gruppo, ma non solo…

La realtà del Gruppo Baglietto oggi
Il Gruppo Baglietto si sta rafforzando, anche a livello organizzativo. Nasce nel 2004 con una realtà piccola, che all’epoca era solo quella dei Cantieri Navali Baglietto, con un fatturato annuo di 40 milioni. Oggi, credo che finiremo il 2008 con con un valore della produzione superiore a 190 milioni di euro. All’inizio avevamo due cantieri che producevano due barche all’anno, oggi ne abbiamo tre in Italia, tre in Tunisia e produciamo circa 12 barche all’anno, sei per Baglietto e sei per Cantieri di Pisa. Questa evoluzione ha richiesto all’azienda una strutturazione più articolata. Abbiamo così creato, dall’inizio dell’anno, una holding Gruppo Baglietto nella quale sono concentrate tutte le attività di supporto commerciali, di marketing, di amministrazione, finanza e controllo, parallela alle due società operative con i brand Cantieri di Pisa e Baglietto.

Dove producete le vostre barche…
Cantieri di Pisa ha l’unità produttiva  a Pisa, Baglietto ha un cantiere a Varazze e uno a La Spezia. Sia per Cantieri di Pisa che per Baglietto abbiamo rafforzato la struttura, affidandone ciascuna a un direttore generale. Queste sono le due unità italiane. Poi c’è la terza, in Tunisia, fatta di diversi cantieri e anch’essa al centro di un processo riorganizzativo: tutte le attività tunisine saranno accorpate sotto un’unica struttura, deputata alla costruzione degli scafi in vetroresina per Pisa e delle componenti in vetroresina e carbonio che servono a tutto il gruppo. È una realtà molto sviluppata tecnologicamente, che crea prodotti caratterizzati da innovazione e qualità altissima, sia per la vetroresina che per il carbonio.

Quanto conta la ricerca in un settore come quello della nautica?
Molto. Infatti, accanto alle realtà di cui ho detto, ce ne sono altre più legate a parti specifiche del processo produttivo, in particolare Baglietto Engineering, composta da 15 ingegneri che si occupano di ricerca e sviluppo. Una realtà molto evoluta, cui abbiamo demandato la parte di innovazione e intellettuale di base. L’idea di una società separata è venuta per astrarre dall’operatività pura chi ci lavora. A loro vengono sottoposte le richieste più particolari che ci arrivano dai clienti e loro sono deputati a studiarle e valutarne la fattibilità. Senza contare che, in quest’ambito, c’è anche una realtà di ricerca pura, per esempio legata ai nuovi prodotti in carbonio, che si basa su una struttura efficace con tutta l’impiantistica occorrente per portare avanti in modo efficace gli studi sui nuovi materiali.

Che segnali vi manda oggi il mercato?
La congiuntura attuale non è certamente delle migliori e colpisce tutti in maniera indifferenziata. Noi siamo forse l’unico cantiere in Italia che ha una specializzazione in termini dimensionali molto alta; il nostro entry level di Cantieri di Pisa è un 27 metri, mentre quello di Baglietto è un 34. Si tratta di imbarcazioni importanti e questo un po’ ci preserva dalle fluttuazioni forti del mercato; momenti come questo sono difficili soprattutto per le fasce medio basse. In più, noi lavoriamo su un monte ordini che si è formato nel passato, per cui produciamo “a lunga gittata”: l’ordine che riceviamo oggi lo consegniamo tra 18 mesi. La crisi di oggi non ha per noi un impatto sul domani, potrebbe eventualmente averlo sul dopodomani. Resta il fatto che il momento non è facile e si respira nell’ambito della clientela un po’ di incertezza. La cosa particolare che abbiamo notato, però, è che sempre più spesso veniamo chiamati a dare risposte sulle barche di grandi dimensioni, oltre i 60 metri: il cliente ce le chiede e su questo segmento non sembra ci siano venti di crisi.

Quali sono i vostri mercati di riferimento?
Abbiamo un mercato d’elezione che è quello europeo, per il 25% italiano. Al momento non andiamo lontano, i nostri mercati extraeuropei principali sono il Medio Oriente e la Russia. Esistono quindi territori lontani per noi inesplorati, che ci consentono di avere potenzialità ancora da esprimere; per ora, però, riteniamo inutile cercare altri mercati, perché abbiamo la produzione fissata fino al 2011 e una produttività non illimitata.

Cosa fa la differenza tra una nave Baglietto e quella di un altro costruttore?
Intanto 150 anni di storia. Abbiamo una struttura affidabile, che al di là del prodotto è una garanzia per chi spende 20-30 milioni di euro: penso che chi impegna certe cifre abbia bisogno di sicurezze. Il prodotto poi, sia il più veloce che si fa a Varazze sia il più classico che si fa a La Spezia, è sempre caratterizzato da una ricerca accurata e costante verso l’innovazione e la qualità. Le nostre navi sono state le prime ad avere certe caratteristiche, a mantenere certi livelli di qualità: è qualcosa che il mercato ci riconosce, così come i clienti. Molti di essi sono già alla terza, alla quarta barca: il cliente “ripetitivo” è per noi un segno di fiducia.

Il concetto di lusso secondo Baglietto.
Penso che ciascuno abbia il proprio, ma a questi livelli di lusso è difficile anche trovare un aggettivo per descriverlo. Forse il lusso è un bisogno. Ma se nella scala dei bisogni dell’uomo elaborata da Maslow il più basilare è quello della sussistenza e al top si trova quello dell’appartenenza, credo che questa scala andrebbe ritarata quando si parla di barche, specialmente di questo livello.

Il vostro Gitana è stato l’ammiraglia del Salone di Genova
Penso sia stato un riconoscimento al lavoro fatto negli anni passati, almeno negli ultimi dieci. È chiaro che negli ultimi quattro, con la nuova società, il cantiere ha fatto un salto qualitativo e quantitativo, ma le basi erano già solide. A Varazze, nel nostro cantiere storico, c’è gente che lavora con una passione e una capacità paragonabili a quelle dei vecchi maestri d’ascia, a Pisa altrettanto. È il frutto di un lavoro e di un commitment di lungo periodo, con scelte imprenditoriali ben intraprese che ogni giorno ci troviamo a fare: vedremo tra qualche anno se quelle che abbiamo fatto oggi sono state buone. Quelle fatte quattro o cinque anni fa, constatiamo ora che lo sono state.

Davide Passoni