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Arte “da toccare”

Arte “da toccare”

Le opere di Fernando Leal Audirac raccontate dall’autoreQuante volte accade di trovarsi di trovarsi di fronte a un’opera d’arte e di provare il desiderio di avvicinarsi e toccare quella creazione unica e un po’ magica?

Fernand Leal Audirac è un artista franco-spagnolo che crea delle uniche sculture “tattili”. Forme che si muovono nello spazio in un continuum di fluidità e arte, il tutto impreziosito dall’uso di gemme e pietre preziose. Un mondo fatto di lusso, sensualità ed eleganza spiegato dal suo stesso deus ex machina.

Nel suo sito lei viene definito “un pittore raffinato: che parte dalle regole per trasgredirle”. Tuttavia le sue opere riflettono più un carattere scultoreo. Quali dei due ambiti è allora prevalente?
In effetti, piuttosto che di sculture, si può parlare di concetti pittorici multidimensionali: la mia scultura è una derivazione delle mie preoccupazioni riguardanti il disegno e la pittura, volte prevalentemente verso l’esplorazione delle tecniche antiche, rivisitate in chiave contemporanea; in campo scultoreo mi sono concentrato in particolare verso la ricerca dei materiali e delle tecniche di progettazione multimediali più all’avanguardia, ampliando in questo modo il ventaglio della mia proposta artistica. Mi muovo dunque a cavallo tra tradizione e futuro, in un’osmosi tra profonda classicità e universo multimediale.

Le sue opere scardinano uno dei principali tabù dell’arte: la sua intoccabilità. C’è un motivo preciso per questo progetto?
Già nei miei encausti esiste un rapporto tra cromatismo e tattilità laddove la tonalità coincide con un certo rilievo dello strato pittorico. Volendo portare questo agli estremi consentiti dai nuovi materiali e per interagire con lo spettatore, la cui prima tentazione è quella di toccare gli oggetti esposti, abbinando lo sguardo al tatto ho voluto creare delle opere le cui sensazioni tattili sfidano quello che vediamo. Lo sguardo è la mano invisibile. Nella superficie Touch Me, ad esempio, l’opera al tatto restituisce la sensazione della pelle umana da una parte, mentre dall’altra il rilievo materico delle pennellate, al momento di toccarle, produce l’effetto liscio del vetro, creando una contraddizione tra quello che vediamo e quello che tocchiamo.
Sto anche sperimentando con materiali termo-fotosensibili, che cambieranno colore al tatto. Altrettanto succede con le pennellate cangianti che cambiano completamente tonalità a seconda dello spostamento dello spettatore e della luce.

E in che maniera nascono e prendono forma le sue opere?
Tutte le mie opere sono interconnesse, anche se sembrano molto lontane tra di loro: nascono infatti da una ricerca sull’aderenza tra l’immagine e i materiali con cui essa viene incarnata. E’ così che il Giudizio Universale non poteva altro che essere un affresco e il Cenacolo un’emulsione alla tempera… Il concetto stesso dell’opera nasce dai suggerimenti del linguaggio e quindi bisogna ascoltare i materiali perché i materiali ti ascoltino. In effetti, mentre il contadino vede il bosco, il pittore vede il verde che per lui non è un concetto assoluto, come può esserlo per lo scrittore. Il pittore – attraverso le leggi della pittura e dei suoi materiali – crea l’illusione dell’infinita gamma dei verdi, che vanno dall’umido al secco, dallo smeraldo al limone, e che possono chiamarsi verde o green o grün, perché indipendenti dalla parola.

Lei utilizza materie prime diverse, spesso preziose. Il Lusso sta nel progetto o nel materiale?
Le sole cose necessarie sono quelle superflue”, diceva Oscar Wilde e quindi ai “compromessi” dell’arte povera io oppongo l’arte “ricca”, perché il lusso risiede già nell’idea e i materiali pregiati acquisiscono valore per la loro paradossale inutilità. L’oro, ad esempio, basa il suo valore sulla sua somiglianza con i riflessi del sole, sulla sua difficoltà di ottenimento e sulla sua durabilità, non ha un’immediata utilità pratica. Ma quando l’oro prende la forma di un calice di Benvenuto Cellini, il valore del metallo diventa secondario. Se poi quel calice, invece di essere opera di Benvenuto Cellini, fosse addirittura il Santo Graal, sarebbe irrilevante se fosse d’oro o di terracotta, perché si caricherebbe di contenuti magici, simbolici ed eterni.

Può spiegarci in che cosa consiste la sua interpretazione della vettura Tramontana, e come si colloca all’interno del mondo “arte”?
La vettura Tramontana, svincolata dalla sua “funzionalità”, è stata da me trasformata in una sorta di pittura-scultura su ruote, dove il disegno a linea libera e materica, arricchito con polveri di oro e pietre preziose, richiama sull’origine del cosmo, concepito dal punto di vista della filosofia classica come congiunzione atomica di elementi affini (in questo caso gli elementi primari della configurazione pittorica). Oltre all’intervento diretto sulla carrozzeria, la riflessione sulla struttura matematica del bolide mi ha condotto a eseguire una serie di studi in realtà virtuale dai quali nacque Anubi, la prima scultura multimediale dove scienza e tecnologia confluiscono in una visione che potremmo chiamare “neomitologica”, creando un oggetto che esprime in modo moderno cos’è il Lusso: espressione profonda, superficiale e complessa del nostro tempo.