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Akelo, la rinascita dell’antico

Akelo, la rinascita dell’antico

Intervista ad Andrea Cagnetti
La gioielleria ha un storia lunga e avvincente, che parte dalla notte dei tempi per arrivare alle creazioni più avanguardistiche e di design.

I gioielli antichi, dalle linee particolari e perfette, affascinano ancora con l’alone di mistero che li circonda. Cosa rappresentano e con quali tecniche sono stati creati?
A indagare questi aspetti per arrivare alla realizzazione di monili di propria produzione ispirati a quelli classici è l’artista Andrea Cagnetti, in arte Akelo, che ha una storia molto particolare, tra passione, storia e alchimia.

Nato, in provincia di Viterbo, dopo aver conseguito il diploma di maturità al liceo scientifico, si trasferisce a Roma dove, per circa otto anni, lavora come grafico presso un’agenzia pubblicitaria. Da sempre appassionato di arte e di archeologia, si dedica, nel contempo, allo studio approfondito di testi e documenti riguardanti l’oreficeria antica. All’apprendimento teorico comincia pian piano ad abbinare un’attività di sperimentazione, finalizzata al riscontro concreto delle ipotesi fino ad allora formulate a proposito delle antiche tecniche di lavorazione dell’oro. A seguito di innumerevoli tentativi infruttuosi, condotti sulla base degli studi più eruditi, Cagnetti prova a tracciare nuovi sentieri di ricerca, adottando un approccio tecnico-teorico del tutto personale. I primi risultati così ottenuti lo spingono a moltiplicare gli esperimenti e a concentrarsi sull’applicazione delle procedure metodologiche elaborate.

Nel 1985 ritorna al paese d’origine, dove inizia a dedicarsi a tempo pieno all’attività orafa e comincia a esporre i propri lavori in diverse mostre e manifestazioni. Nell’arco degli otto anni successivi porta a compimento una collezione di gioielli originali con la quale dimostra di aver conseguito quella perfezione stilistica e tecnica da lungo tempo ricercata. Le sue creazioni suscitano l’interesse della stampa specializzata, come anche di alcuni programmi televisivi di indirizzo prettamente culturale.
Nel 2008 il pendente a forma di croce a otto bracci in oro Chort è entrato a far parte delle collezioni permanenti del Museum of Fine Arts di Boston.
Vive tuttora a Corchiano dove prosegue nella sua attività creativa, cimentandosi anche con altre forme espressive, quali la pittura e la scultura.

Che cosa significa Akelo?
Il nome d’arte fa riferimento al dio delle acque Acheloo, figlio di Oceano e Teti, secondo la tradizione mitologica greca ed etrusca. Noi tutti sappiamo che le civiltà antiche non poterono che trovare l’origine e i modi del loro sviluppo nelle immediate vicinanze dei corsi d’acqua. L’importanza di questo elemento è testimoniata da Talete di Mileto, il primo filosofo della storia del pensiero occidentale, che considerò l’acqua come principio di vita. Il nome Akelo, ricorrente nelle iscrizioni rinvenute presso i siti archeologici dell’area mediterranea, rimanda a un contesto storico-culturale in cui la connessione tra acqua e vita emerge con forza, e in cui, dunque, un dio delle acque può considerarsi dio della vita nel suo preservarsi e nel suo prosperare. Tensione vitale che caratterizza i miei gioielli, rigorosamente realizzati a mano e culmine di un lento e difficile processo di maturazione.

Come è nata la passione per l’oreficeria antica?
Fin da piccolo sono sempre stato affascinato dalle antiche civiltà, ma soprattutto dai loro misteri tecnologici. Sfortunatamente, in questo campo di ricerca, il maggior problema è la scarsità di risorse disponibili. Pertanto ho studiato particolarmente alchimia, in quanto la stragrande maggioranza della ricette, pozioni, ecc. contenute nei libri, si basavano su conoscenze empiriche dell’antichità, riguardanti la medicina, la colorazione delle stoffe, la lavorazione della pietra e i metalli e le loro leghe. Da qui il passo verso l’oreficeria è molto breve, anche se continuo tutt’oggi a dedicarmi all’alchimia. Continuo, infatti, nel lavoro di sperimentazione in laboratorio e di ricerca sui testi antichi classici, che dura ormai da 20 anni. Da poco, inoltre, ho iniziato a pubblicare il frutto di queste ricerche con studi scientifici nel campo dei materiali e dell’oreficeria antica.

L’oreficeria antica è la sua principale fonte di ispirazione anche per i gioielli di sua ideazione?
Nel mio lavoro sono sempre in contatto con gioielli antichi. Tuttavia riprendo soltanto le tecniche antiche e creo in autonomia.

Qual è l’oggetto di oreficeria antica che l’affascina di più?
Non c’è ne uno in particolare, è la stessa oreficeria antica e il mondo che la circondava che mi affascinano.

Quali sono i materiali che ama di più?
Utilizzo principalmente oro e pietre. Queste vengono scelte non in base al loro valore intrinseco ma alle loro qualità cromatiche. Comunque non ho problemi a confrontarmi con altre materiali tra i quali argento o bronzo. Lo sperimentarsi è stato, è e sarà sempre parte integrante del mio processo evolutivo.

Qual è l’oggetto più particolare che ha creato?
Un pendente di nome Chort. Si tratta di una croce, ora nelle collezione permanenti del Museum of Fine Art di Boston, pensata, nata e realizzata di getto, in uno di quei rari momenti nella vita di un artista (ma in generale di tutti, credo) in cui le cose ti appaiono all’improvviso chiare, perfettamente delimitate. Anche per questo è diventato la copertina del mio catalogo monografico pubblicato nel 2004 da Lupetti Editore.

A chi si rivolgono i gioielli e chi sono i clienti?
Principalmente collezionisti e clienti privati.

Sta pensando anche a una linea di stile “contemporaneo”?
Avendo anche la passione per l’arte – pittura, disegno e scultura -, naturalmente tra le mie attività c’è anche quella di design. Ho moltissimi studi già realizzati nel corso degli ultimi 20 anni in questo senso, che attendono solamente di passare dalla carta… alla fase realizzativa.

Caterina Varpi