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2 – Chianti: “classico” e non solo

2 – Chianti: “classico” e non solo

Storia, differenze e abbinamenti

Per importanza e fama mondiale si contende la scena con il suo cugino Brunello di Montalcino. Dal punto di vista qualitativo può vantare etichette di alto pregio. Ma da un punto di vista quantitativo, sia in termini di bottiglie prodotte sia per estensione del territorio, non ha rivali.

Il Chianti, inteso sia come regione (il famoso Chiantishire) sia come vino è sicuramente il più famoso portabandiera della Toscana nel mondo.

Già intorno al 1100 il nome Chianti era utilizzato per identificare la zona geografica. Nel 1384, fu impiegato anche per indicare i vini prodotti nella suddetta zona. Ma è nel 1870, grazie al Barone Bettino Ricasoli, che fu messo a punto un primo vero disciplinare di produzione del Chianti. Un disciplinare legato ad un territorio ed ad una realtà enologica fortemente rurale. Le vigne erano poco più che spontanee, e si era ancora molto lontani dalle attuali catalogazioni varietale dei vitigni. Nello stesso filare convivevano vitigni differenti tra loro. Non era raro trovare un vitigno a bacca bianca al fianco di uno a bacca rossa. Non a caso, il disciplinare del 1870 prevedeva, per la produzione del Chianti, l’utilizzo di entrambe le tipologia di uva: vitigni rossi, come Sangiovese e Canaiolo, vitigni bianchi, come Trebbiano e Malvasia. Per tutta la prima metà del secolo successivo, il vino Chianti divenne famoso più per la sua originale bottiglia, la fiaschetta avvolta nella paglia, che per il suo contenuto. Difficile immaginare un vino talmente lontano da quello attuale, seppur omonimo.

Un primo punto di svolta avvenne nel 1967, con il riconoscimento del Chianti DOC e del Chianti Classico DOC. Il primo, prodotto all’interno di un vasto territorio che abbraccia più provincie della toscana; il secondo, il più famoso, realizzato sulle colline comprese tra Firenze e Siena.
Nel 1984, il riconoscimento della DOCG ed i primi importanti cambiamenti del disciplinare, portarono alla nascita del Chianti che oggi conosciamo: drastica riduzione dei vitigni a bacca bianca e l’autorizzazione all’utilizzo del Cabernet Sauvignon.
Infine, nel 1996, il passo finale, con l’autorizzazione a produrre Chianti anche con Sangiovese “in purezza”.

Chianti DOCG.
Come si diceva, due sono le DOCG che portano il nome Chianti. La prima, il Chianti DOCG, si riferisce ad una zona allargata alle province di Arezzo, Firenze, Pisa, Pistoia, Prato e Siena. Una zona alquanto vasta e, per questo, caratterizzata da territori diversi tra di loro. Per questo motivo, sono state individuate sette sottozone, il cui nome può essere indicato in etichetta: Colli Aretini, Colli Senesi, Colline Pisane, Montalbano, Colli Fiorentini, Montespertoli e Rùfina.
Nelle prime quattro sottozone, si produce un Chianti tendenzialmente più leggero, più fresco, fruttato, non particolarmente adatto all’invecchiamento, da bersi tra i 3 ed i 5 anni.
Nelle altre tre sottozone, il Chianti si presenta più strutturato e più adatto ad affinarsi in cantina. Presenta una gradazione alcolica minima leggermente superiore (12% contro l’11,5%) ed si presta meglio a diventare Riserva (con gradazione minima del 12,5%). Tra tutte le sottozone, spicca quella del Chianti Rùfina, il cui Chianti si avvicina più di altri al Chianti prodotto nella zona classica.

In base al disciplinare, il Chianti Docg deve essere prodotto utilizzando Sangiovese (almeno 75%), Canaiolo (fino 10%), Trebiano Toscano e Malvasia del Chianti (singolarmente o congiuntamente fino al 10%).

Chianti Classico DOCG.
Chianti Classico - Gallo NeroQuando normalmente si parla di Chianti, spesso si omette la dicitura Classico. Una disattenzione che rischia di creare non pochi equivoci. Il Chianti Classico Docg è infatti l’espressione più elegante e raffinata del Chianti e del suo vitigno Sangiovese. Nella sua zona di produzione, racchiusa in una decina di comuni compresi tra Firenze e Siena, si concentrano i produttori e le etichette più importanti. Un vino di elevata qualità, prodotto in base ad un disciplinare più rigoroso. La prima, e più evidente, differenza rispetto al Chianti Docg, è rappresentata dall’utilizzo di soli vitigni a bacca rossa: Sangiovese per almeno l’80% (ma sono ormai molte le aziende che utilizzano il Sangiovese in purezza), ed altri vitigni espressamente autorizzati per il restante 20% (tra di essi spiccano il Cabernet Sauvignon ed il Merlot).
Il Chianti Classico, identificabile per la presenza, sulla fascetta, dell’inconfondibile “Gallo Nero” presenta una gradazione minima del 12%. Se invecchiato per almeno 24 mesi (dei quali almeno 3 in bottiglia) e con una gradazione alcolica minima del 12,5%, può essere etichettato come Riserva.

Chianti Classico ed il Chianti Classico Riserva: una piccola differenza grafica, dietro la quale si nascondono due vini alquanto diversi tra loro.
Il Chianti “normale” è un vino da bersi giovane, facile da abbinare, in particolare con piatti semplici “da tutti i giorni”, come le paste al sugo, le minestre, le zuppe, oltre agli immancabili salumi e formaggi, ma non troppo stagionati. Da provare anche con qualche piatto di pesce, come le triglie alla livornese. Nel bicchiere si presenta con un intenso colore rosso rubino e si caratterizza per i suoi spiccati profumi ed aromi fruttati e l’immancabile viola mammola. Va consumato ad una temperatura di 18 gradi, all’interno di bicchieri ampi.
L’errore più frequente è considerare il Chianti Classico “normale” un vino da invecchiamento, da mettere in cantina per molti anni. Molte le spiacevoli sorprese al momento dell’apertura della bottiglia.

Al contrario, il Chianti Classico Riserva, è un vino da medio-lungo invecchiamento. Come già detto, necessita di almeno due anni di invecchiamento prima di essere commercializzato. Nel bicchiere si presenta con un colore rubino, tendente al granato con il passare degli anni. Al naso, si distingue sempre per suoi profumi fruttati e floreali, ma leggermente più “maturi”. Per quanto riguarda gli abbinamenti, il Chianti Classico Riserva, si sposa bene con i piatti più strutturati della cucina toscana: dalla tradizionale Fiorentina agli stracotti, passando per i pecorini più stagionati.

Aziende:
Castello d’Ama, Coltibuono, Azienda Agricola San Felice, Ruffino, Carpineto, Castello di Volpaia, Isole e Olena, Ricasoli, Fattoria San Pancrazio, Collazzi.

Danilo della Mura