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Ribolini, restauratore di orologi

Ribolini, restauratore di orologi

La storia dell’uomo che fa rivivere i segnatempo antichi
Lui si chiama Gabriele Ribolini ed è un mago degli orologi.

Emiri, nobildonne, cantanti, direttori di musei.
Tutti in coda in un piccolo laboratorio nascosto in una villetta di Sant’Angelo Lodigiano, a pochi chilometri dal casello di Lodi, per il restauratore di orologi di lusso che non suonano più. Pendole settecentesche, orologi da polso e da carrozza, ‘ripetizioni’ smaltate con l’effigie di Maria Luigia e la sveglia tardobarocca a cui ahimè manca, per suonare, un pezzo del diametro di un capello.

Gabriele Ribolini li ripara, li rianima, ricostruisce qualsiasi pezzo, anche minuscolo, disegnandolo a mano sul tecnigrafo e poi forgiandolo da solo, con torni e macchine svizzere di precisione modificate in casa.

Disegna lui stesso bellissimi orologi per i suoi clienti che vogliono possedere un pezzo unico, vederlo nascere dalle sue mani piccole e precise. Pagano 10 mila euro e aspettano un anno per vederlo costruire e sentirlo ticchettare, avendo scelto ogni dettaglio di lavorazione, dalle dimensioni alla forma della cassa, al tipo di meccanismo contenuto, lo stile dei numeri sul quadrante e la forma delle lancette.

Le sue pendole d’argento e lapislazzuli sono templi greci che sormontano un disco di cristallo di rocca: il meccanismo è nascosto nel timpano. E nel sole di cristallo le lancette sono due punti sospesi nel nulla: insomma, una meraviglia.

Ribolini si definisce semplicemente orologiaio, restauratore, ma nessuno lo chiamerebbe così.
Ha scritto sei libri sugli orologi, ha collaborato al rinnovamento della sezione Orologeria del Museo della Scienza e della Tecnica di Milano, è conosciutissimo al Museo della Chaux de Fonds di Neuchatel, vale a dire la Mecca degli orologiai di tutto il mondo che si trova in Svizzera, nella regione del Giura.

Dopo gli studi da perito meccanico, il giovane Ribolini, fresco di matrimonio, decise di lasciare il lavoro appena trovato in fabbrica e, nello sconcerto familiare, di dedicarsi agli orologi, mettendo un annuncio su un giornale.

Il primo cliente, un importante collezionista milanese, gli fece una pubblicità tale che non ebbe più bisogno di ripetere l’inserzione.

Felice padre di tre figli, Emilia, Andrea e Alice (come la bimba delle fiaba che entra in un sogno fantastico seguendo –guarda un po’ – un coniglio con un orologio a cipolla) il signor Ribolini vive nel suo antro di Sant’Angelo pieno di apparecchiature meccaniche, pendole, disegni e rotelle dentate.

Di digitale c’è solo la radio per ascoltare la musica di Celentano.
Il mitico Adriano è un suo affezionato amico: anche lui come Ribolini ha la passione degli orologi. Mentre il Molleggiato li aveva scoperti nel laboratorio di suo padre, il santangiolino dalle mani d’oro li aveva scoperti in casa da bambino, li aveva smontati con le sue manine appassionate e fin da allora aveva sentito il bisogno di carpirne i segreti.

Celentano è arrivato qualche anno fa a Sant’Angelo con le sue lunghe scarpe color mastice nel laboratorio affollato di pendole e cronografi da rianimare, con un bel tornio in mano, di quelli che non si trovano più. Voleva ritrovare gli insegnamenti di suo padre e coltivare il piacere di costruire da solo qualche pezzo: le lancette, un ingranaggio, un bilanciere.

Ogni tanto il cantante si reca da Ribolini per confrontarsi, guardarlo lavorare, farsi raccontare i segreti del mestiere. Certo che continuerà a cantare e non gli farà concorrenza l’artigiano è felice di vederlo coltivare un’arte che richiede non meno di dieci anni di pratica per creare da soli un orologio che funzioni segnando le ore, senza troppe complicazioni.

Essendo uno dei pochi in Italia in grado di riparare gli orologi antichi, i collezionisti si contendono il tempo di Ribolini e si fermano a guardarlo, mentre lavora da solo al tornio e alle fusioni.

Occorrono ore alla ‘Rolls Royce’ delle fresatrici di precisione, per finire, che so, un ingranaggio a 10 denti di un millimetro o un cilindro da 0,05: cifra che a prima vista dice poco, a meno che non la si paragoni a quella di un capello, che misura di solito 0,04 o 0,03.

Le macchine tacciono di colpo, quando finalmente è ora di vedere e di sentire i frutti di un mese di disegni e campioni, per creare una minuscola molletta.
Ecco l’orologio da carrozza di un ufficiale di Napoleone che finalmente torna a suonare, tirando una cordicella: segna le ore, le mezzore e i quarti d’ora.
Tutti gli ufficiali dovevano averne uno ed essere in ritardo di al massimo 15 minuti.
Ecco la cipolla in oro da tasca con doppio coperchio che trilla come un carillon anche senza tirarla fuori dal panciotto, a coperchio chiuso.

I restauri di Ribolini sono sempre molto apprezzati: ma donano una gioia incomparabile a chiunque abbia vissuto una vita mirando un capolavoro del tempo, troneggiante sul caminetto di casa propria o in esposto un museo, un meccanismo bellissimo e muto. E domandandosi che suono avrebbe mai potuto avere.

Gabriele Ribolini
Tel – 037192917
[email protected]
www.ribolini.com

Katia Ferri Melzi d’Eril in collaborazione con Annamaria Mangolini

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