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Raffaella Cortese, arte e sfide

Raffaella Cortese, arte e sfide

Intervista alla fondatrice della galleria
Quello del gallerista è un lavoro che pochi conoscono e che non è compreso. Si guarda di solito soltanto alle mostre e alle inaugurazioni. Alle spalle c’è tutto un’attività di segreteria, promozione, archiviazione, ufficio stampa. È un mestiere che va vissuto con passione. Le gallerie sono piccole imprese culturali, che dialogano  con gli artisti e allo stesso tempo portano avanti un discorso finanziario, fatto di progetti, finanziamenti, found raising”.

Così Raffaella Cortese, fondatrice della galleria omonima con sede a Milano in Via Stradella 7, parla della sua professione.
Qui sono ospitati artisti di generazioni diverse e che affrontano tematiche differenti, in una trasversalità che non consente facili catalogazioni.

Nello spazio si può ammirare fino al 3 dicembre “Avalanche” la prima personale in Italia di Keren Cytter, artista video apprezzata da pubblico e critica per il modo innovativo di raccontare relazioni interpersonali di carattere conflittuale.

È un’artista che spezza la narrazione e mescola piani diversi, in una maniera a volte un po’ nevrotica. Sono solita ospitare gli atisti in un monolocale vicino a casa per approfondire il dialogo con loro. Keren lavora costantemente davanti allo schermo. Si può dire paradossalmente che viaggia molto ma non è in nessun luogo. Sono gli eccessi del mondo virtuale”.
Spiega Raffaella Cortese che ha parlato a Luxgallery di come è iniziata la sua attività, delle particolarità della galleria, dello stato attuale del mercato dell’arte contemporanea e dellòa partecipazione alle fiere di arte, tra cui la FIAC 2011.

Come ha deciso di diventare gallerista?
Ho seguito una certa lienarità nel mio percorso. Sono nata in Piemonte e ho manifestato da subito propensione per l’arte anche se non provengo da una famiglia di appassionati. Ho studiato al liceo artistico e all’Accademia di Belle Arti. Ho deciso di lavorare gratuitamente in due gallerie e mi sono innamorata di questa professione, del ruolo di mediatore tra artista e fruitore, che mi si addice anche nel carattere. Per questo ho fatto tanta gavetta. Ho lavorato anche in una casa d’aste e una in casa editrice per approdare a una galleria che tratta Futurismo, Fonte d’Abisso, in cui sono rimasta circa cinque anni. Poi ho deciso di rivolgermi al contemporaneo e di apire una mia galleria. Gli inizi sono stati duri. Come dicevo prima, quello del gallerista è un lavoro che pochi conoscono e che in Italia non è considerato nelle sue specificità. Ora sto per portare avanti un’altra sfida importante: ho acquistato qui vicino un altro spazio che affaccia sulla strada. Sarà un’altra sede dove fare progetti per potenziare il ruolo della galleria e aprirla alla città.

C’è un filo conduttore che accomuna gli artisti della galleria?
Innanzitutto, sono a maggioranza donne. C’è ancora bisogno di insistere su questo argometo. Nella storia del premio Nobel, per fare un esempio tra tanti, sono state premiate poco più di una decina di donne di contro a un numero molto più alto di uomini. Nel mondo dell’arte, le opere delle artiste hanno quotazioni più basse rispetto a quelle dei colleghi uomini e questo non ha senso. Ci sono ancora pregiudizi al riguardo. Le donne vogliono fare il proprio lavoro fino in fondo senza pensare al primato che si vuole raggiungere. Anche io porto avanti una sfida con me stessa, cercando di fare sempre un lavoro di qualità senza compromessi.
Poi la galleria tratta tematiche legate alla letteratura e alla poesia, con mostre che prendono spunto da questi ambiti. Voglio dare spazio ad artisti che lavorano con la parola e l’immagine.
C’è anche una certa trasversalità. Mi piace far dialogare generazioni di artisti viventi. Per questo non voglio specializzarmi. La dimensione della fiera in questo è penalizzante, perchè queste rassegne sono divise in settori predefiniti.

C’è un artista con cui ha instaurato un rapporto speciale?
Cerco sempre di stringere rapporti unami intensi con gli artisti. Mi piace citarne due. Roni Horn che ha dato una enorme impronta alla galleria e lavora anche per spazi più grossi. Per lei ho una grande ammirazione. L’altro è Marcello Maloberti, italiano che da quest’anno ha intrapreso un’attività più esterofila. Con lui ho lavorato tanto e ho un dialogo continuo. Questa sede della Raffaella Cortese è stata inaugurata con una sua performance. Per “In full bloom”, esposizione ideata per i 15 anni di attività del centro, ha avuto l’idea di aprire la galleria ad altri luoghi del quartiere, come una sartoria.

Qual è la sua visione del mercato dell’arte contemporanea?
Ogni galleria ha una visone propria, che si crea grazie al lavoro con i collezionisti e gli appassionati. In Italia è un settore reso sempre più difficile dalle regole economiche, dalle imposte alte e dalla burocrazia complicata in un momento in cui tutto sta cambiando. Per questo ho fatto parte del direttivo dell’associazione della mia categoria. Il mercato è chiuso. Si dovrebbe aprire di più alle grandi collezioni. In Italia c’è un ottimo e appassionato collezionismo ma rimane un po’ chiuso. Le realtà interessanti avrebbero bisongno di un aiuto legislativo. Anche a Milano c’è poca contemporaneità. Gli stranieri vengono per le fiere ma non riescono a vistare le gallerie.
Per quanto riguarda le prossime tendenze, si potranno vedere con lo svolgersi delle prossime fiere.

Partecipate a numerose fiere di arte moderna e contemporanea. Che importanza hanno per voi?
La galleria è il punto centrale del lavoro. Le fiere sono importanti ma non devono prescindere dall’attività dello spazio, anche se questa va animata e svecchiata. In galleria si mettono in contatto collezionisti e artisti. In fiera questo non può succere. Attualmente c’è la tendenza a trascurare l’attività dei centri e questo si riflette in mostre meno ricche.

Cosa presenterete alla FIAC 2011?
Presenteremo Marcello Maloberti, che ha da poco partecipato alla notte bianca di Parigi, Anna Maria Maiolino, artista nata in Italia ma vissuta in Sudamerica e Brasile, che ha avuto una carriera eccezionale con personali in Spagna, Svezia e a Parigi, Jana Sterbak, artista della Repubblica Ceca ma naturalizzata canadese, Roni Horn, afermatissima artista amiericana, Kiki Smith e la francese Mathilde Rosier, che alterna nella sua produzione guache dal gusto romantico a videoperformance. Infine Kimsooja, coreana con base a New York.

www.galleriaraffaellacortese.com

Caterina Varpi