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Pedrini, l’organo tra nuovo ed antico

Pedrini, l’organo tra nuovo ed antico

Intervista a  Marco Fracassi
Vi abbiamo parlato un po’ di tempo fa della Fondazione Cologni dei Mestieri d’Arte.
A farne parte diverse aziende del settore della costruzione di strumenti musicali che perpetuano tradizioni secolari.
Un esempio è la Casa Organaria Pedrini di Binanuova in provincia di Cremona, che da poco ha festeggiato cento anni.
Il suo catalogo ammonta a parecchie centinaia di opere, tra strumenti nuovi e restauri, presenti in tutta Italia.

L’attività iniziata da Ferruccio Pedrini a Milano e Binanuova, dove prestava collaborazione per il padre Giuliano, ebbe continuazione definitiva nel paesino cremonese. A Ferruccio, che veniva da studi musicali e da un apprendistato di alcuni anni presso la Casa Rotelli di Cremona, dotato di grande sensibilità musicale e di una finissima abilità nell’intonazione delle canne, si aggiunse negli anni Venti il fratello Arturo, che in seguito ebbe modo di perfezionarsi presso la casa Molzer di Vienna.

Tra i collaboratori Dolcino Volta, che seguì con Arturo, le trasformazioni tecniche ed estetiche che portarono l’organaria italiana dalla trasmissione meccanica a quelle pneumatica ed elettrica, per poi compiere il ritorno alla meccanica.
Ad Arturo si affiancarono il figlio Giuliano, negli anni Settanta, il nipote Marco e dagli anni Ottanta il fratello di lui Carlo.
Direttore artistico della Casa Organaria, Marco Fracassi, erede della tradizione della famiglia Pedrini, che unisce la conoscenza della tecnica della costruzione dell’organo alla formazione musicale.
Fracassi ha raccontato a Luxgallery della sua attività, tra la complessità e versatilità di uno strumento millenario e l’arrivo della modernità.

Come nasce un organo?
Per quanto riguarda un organo nuovo, dipende tutto dal luogo in cui viene installato.
Lo strumento viene creato per il luogo della destinazione: si guardano il volume, le risonanze, per arrivare allo stile estetico. La dimensione, la qualità e la quantità di registri vengono scelte di conseguenza a questi fattori.

C’è poi il budget di costruzione che influisce nelle scelte, tecniche e non. Dopo la fase di progettazione si passa alla costruzione.
I materiali per le parti sonore e meccaniche sono scelti in base alle caratteristiche dell’organo.
L’organo, poi, deve risultare armonico nell’architettura in cui viene inserito: l’apparato visivo e la finitura estetica sono modulate a seconda dell’ambiente.

Un esempio è l’organo della Chiesa di Gesù Redentore a Modena, una chiesa recente.
La macchina musicale tripartita, stilisticamente orientata all’organaria inglese, ha le parti esterne in rovere per richiamare l’interno della chiesa.
In laboratorio si realizzano le singole parti, che vengono provate a sezioni nella fase di premontaggio.

Si finisce con il montaggio vero e proprio nel luogo di destinazione.
Nella nostra equipe sono presenti diverse competenze per la differenziazione delle materie, la lavorazione dei legni e dei metalli ecc.
Ho avuto la fortuna di conoscere gli ultimi maestri che hanno lavorato con mio nonno. Il laboratorio è stato conservato come era un secolo fa. È stato adeguato per le norme di sicurezza, ma abbiamo voluto mantenere il più possibile la traccia tangibile di chi ci ha preceduto.
Ci sono entrato fin da bambino, vi andavo dopo la scuola.
Così ho cominciato a conoscere tutte le lavorazioni.

Le nuove tecnologie sono entrate a far parte di un mondo così tradizionale?
Le tecnologie possono essere inglobate nello strumento, nelle parti tecniche. C’è la possibilità di trasmissioni meccaniche più sofisticate che in passato, oppure di tipo elettronico, ad esempio: in questo caso ci si può avvantaggiare della modernità senza perdere la sostanza timbrica.
Ora ci sono ausili automatici (per esempio il combinatore sequenziale) che consentono di ampliare moltissimo le qualità dinamiche dello strumento.

Per quanto riguarda la produzione, per ottenere buoni risultati, le tecnologie moderne non devono sopravanzare la parte manuale.
Il manufatto ha un’anima diversa.
Però, ad esempio, per parti strutturali dello strumento che devono funzionare perfettamente la lavorazione moderna può essere d’aiuto.
Nel capo del restauro è preferibile la lavorazione manuale poiché si avvicina di più all’originale.

Come approccia il restauro a un organo antico?
Il restauro di un organo antico parte dallo studio della documentazione d’archivio e dall’esame approfondito del materiale.
In molti casi questo consente di poter riconoscere modifiche apportate allo strumento e di fare scelte sulla strada da intraprendere.
Se nella creazione di uno strumento nuovo l’organaro deve muoversi con un gesto artistico, creativo e personalizzato, per il restauro l’operatore deve svestirsi delle sue istanze personali e incarnare più che possibile l’idea del costruttore.

Il fatto di essere musicista la aiuta nel lavoro di progettazione e creazione degli strumenti?
Oggi il fatto di essere musicista e allo stesso tempo costruttore di uno strumento musicale è un fatto non frequentissimo.
Per me è un fatto fisiologico, come era in antico.
Guardo all’Umanesimo Rinascimentale: in quel periodo questa condizione era normale.

Un esempio è Costanzo Antegnati che era organista, compositore e costruttore. Poi c’è stata una divaricazione con l’andar del tempo tra conoscenza musicale dello strumento e costruzione.

Ciò ha portato allo scadimento della cultura della costruzione. La conoscenza musicale e tecnologica si sono divaricate.
Tento di ripristinare l’unità di queste due sostanze recuperando una visione globale del fatto artistico, teoretico e pratico.

Qual è il futuro di uno strumento come l’organo? Sarà sempre legato alla chiesa?
La destinazione preminente è quella legata al culto. In Italia le sale da concerto purtroppo non sono quasi mai dotate di organo.
Il repertorio organistico ha due filoni, quello legato al culto e quello della musica pura.
È lo strumento più carico di storia e di letteratura.

L’organo è nato nel III secolo Avanti Cristo. È uno strumento che non si è mai cristallizzato, è sempre in divenire.
C’è sempre una ricerca nei nuovi suoni, di nuove tendenze e di nuove tecnologie.
Spero che per il futuro i mecenati del terzo millennio si interessino a questa dimensione, dimostrando sensibilità e attenzione nei confronti di un’arte come questa. Si possono cercare nuove vie per nuovi destinatari delle opere.

Che tesori nascosti e poco conosciuti ci sono nelle chiese italiane?
C’è attenzione da qualche decennio alla conservazione e all’utilizzo degli organi.
Per contro ci sono molti lati oscuri: strumenti importanti lasciati in abbandono e un fenomeno abbastanza allarmante che porta al restauro e poi al nuovo abbandono.

Che musicista ama maggiormente?
Sull’isola deserta porterei Bach ma amo anche Max Reger, Cesar Franck, Felix Mendelssohn e compositori rinascimentali come Girolamo Frescobaldi e Sweelinck.
Non sono appassionato di un solo un periodo: un organista ha la fortuna di poter interagire con la storia della musica intera, non con un periodo soltanto.

Suona solo l’organo o suona anche clavicembalo, piano e altri strumenti?
Suono anche il clavicembalo.

Come convincerebbe un giovane a diventare organaro?
La disciplina musicale è una di quelle che può aiutare alla costruzione di una personalità armonica. Convincere un giovane ad avvicinarvisi, secondo me, non è la strada giusta.
Si devono dedicare a questa attività coloro che già sentono una spinta.
È un’arte molto faticosa che coinvolge in maniera totale la persona. Se non si ha una spinta interna, ci si trova a mal partito.
Si può, invece, far conoscere questa dimensione in modo da far avvicinare i giovani a questa realtà. Le strutture formative dovrebbero essere sempre tenute in grande considerazione con questi.

Cosa cerca di trasmettere ai suoi studenti?
La prima cosa è la fedeltà alla musica. Bisogna servire la musica non servirsene.
Ci vuole dedizione totale e continua curiosità nell’indagine. Nel campo specifico dell’organaria, amore per la tradizione e ricerca di creatività sempre nuova.

Marco Fracassi
Cremonese, nato nel 1957, dopo gli studi classici nella sua città compie gli studi musicali al Conservatorio di Piacenza, dove si diploma nel 1981 in Organo e Composizione organistica nella classe di Luigi Toja, dopo aver ottenuto un Diploma di merito nel corso degli studi.
Successivamente approfondisce la Direzione d’orchestra all’Accademia di Pescara con Mario Gusella, l’estetica dell’opera organistica bachiana presso l’Università Cattolica di Milano con Wilhelm Krumbach, la prassi del Basso Continuo con Walther Kolneder ed il Clavicembalo con Maria Pia Jacoboni.

Consegue il Master in Gestione dello spettacolo dal vivo presso il Conservatorio di Adria.
Inizia giovanissimo l’attività concertistica strumentale di organista e clavicembalista ed appena ventiquattrenne l’attività direttoriale.
Dal 1982 è direttore stabile dell’Orchestra e Coro “La Camerata di Cremona”. E’ fondatore e direttore de “I Solisti di Cremona”, gruppo specializzato in musica antica.
E’ direttore della collana di studi musicologici “Cremonae Musica”. E’ stato direttore ospite in numerose Orchestre.
Per il teatro ha diretto opere quali “Orfeo ed Euridice” di Gluck, “Semiramide in villa” e “Maestro di Cappella” di Paisiello, “La Dirindina” di Scarlatti, “Arlecchinata” di Salieri e molte altre, ed è stato maestro al cembalo in numerose produzioni (Festival di Città di Castello, Festival di Martinafranca, Teatro Regio di Parma,ecc).

Profondo conoscitore dell’arte organaria, ha pubblicato saggi sull’argomento ed è stato invitato nel 1982 ad aprire il congresso mondiale dei costruttori d’organi (International Society of Organbuilders) con un saggio intitolato “L’organaria lombarda nell’Ottocento”.
Ha curato l’edificazione di nuovi organi ed il restauro di strumenti antichi, in qualità di direttore artistico della ultracentenaria Casa organaria di famiglia.
E’ direttore artistico dal 1978 della Settimana Organistica Internazionale “Appuntamenti con gli organi storici di Cremona”, inserita nel Festival di Musica antica “Monteverdi”.
Ha tenuto concerti, oltre che in Italia, in tutta Europa, negli Stati Uniti, in Russia, in Asia, in Africa, in Australia e in Giappone.
Ha inciso numerosi CD in qualità di solista e di direttore.

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