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Lusso e moda come memoria

Lusso e moda come memoria

Le tendenze dell’adv

Trovare una definizione di lusso è impresa difficilissima, quasi impossibile. Le tante anime di questo settore alimentano dibattiti quotidiani su che cosa si possa considerare oggi lusso, di come si stia evolvendo e di quali siano i rapporti con la moda, realtà connessa ma non per questo in simbiosi.

In questo contesto frammentato una cosa è certa: la comunicazione pubblicitaria del Luxury&Fashion mette quotidianamente in scena sipari con uno stile e tono di voce piuttosto  univoco, raffinato gioco tra il prodotto presentato e i modelli che lo indossano, oggetti e persone il cui fascino si completa l’uno con l’altro senza che l’uno rischi di soverchiare o appannare quella dell’altro. Una bellezza/esaltazione della persona e mai della personalità, sensualità ma mai sentimento, provocazione ma mai intesa. Fascino, benessere e perfezione suggellati dal prodotto che si indossa o si ostenta. Medesimo tono di voce anche quando il lusso diventa esperienza personale, come le pubblicità dei centri benessere, spa o vacanze esclusive: è un momento di pura interiorità.

Queste regole sono ancora valide e, da punto di vista della necessità del settore, corrette. Ma possiamo ipotizzare che il futuro ci riservi una tendenza che porterà a  raccontare il lusso come condivisione, ricerca, e persino imperfezione. I primi segnali ci sono. Uno degli ultimi numeri del Wall Street Journal ha dedicato uno speciale al Rough Luxury, tendenza del lusso come sinonimo di bellezza soggettiva, di contraddizione tra vecchio e nuovo, tra minimalismo e abbondanza, tra ricerca materica e arte povera. Il tutto lontano dai luccichii e dai bagliori della perfezione.

Un’altra tendenza nasce dai segnali dati dalle icone del potere, spesso fonte d’ispirazione e riferimento. E quando si parla di icone, oggi non si può parlare che di Barack Obama. Per questo le principali testate editoriali del lusso hanno pagine dedicate allo stile del Presidente degli Stati Uniti, il quale sta utilizzando codici che danno preferenza all’esperienza piuttosto che all’ostentazione. Ciò che di esclusivo ha portato con sé in campagna elettorale e nei suoi recenti viaggi erano Michelle, Malia e Sasha. E si potrebbe azzardare che non sia il desiderio americano di dare centralità alla famiglia per soli motivi elettorali. Le immagini che i media ci regalano sembrano raccontare la volontà di suggellare nella memoria – in primis della famiglia presidenziale stessa – momenti irripetibili, da vivere assieme.

Ecco, allora, il tema dell’esperienza collettiva che diventa un nuovo fattore di osservazione, portando il mondo del lusso a situazioni in cui si dà più rilevanza alla relazione rispetto al semplice possesso. La rappresentazione familiare o amicale sta così ritrovando un ruolo d’eccellenza nei contesti pubblicitari, spostando l’acquisto del bene di lusso da uso e consumo esibitivo e ostensorio a icona di un valore. Il rapporto padre-figlio rappresentato nelle pagine della Patek Philippe evidenzia l’importanza di un orologio che, in modo estremamente raffinato, diventa il ricordo stesso del padre e dei suoi insegnamenti. Così come l’incontro dei tre più grandi astronauti della storia nella recente pubblicità Louis Vuitton sembra voler dare la precedenza alla profondità dei loro ricordi persino rispetto all’unicità della marca.

Stesso discorso per alcune campagne di moda. Le campagne Henry Cotton’s sono da tempo orientate ai momenti di convivialità, Acquascutum ritrae una coppia in una passeggiata mano nella mano sotto la pioggia, Moncler dedica una doppia pagina a uno scatto di Bruce Weber che si ritrae circondato dalle sue macchine fotografiche e dai suoi golden retriever. Il baricentro in queste campagne è sbilanciato verso i loro personaggi e le rispettive slice of life. Il brand diventa testimone, un’entità non al centro della scena, ma con occhi per ricordare. I prodotti diventano quindi compagni di momenti di vita, elevando l’acquisto di un bene alla sua esperienza più nobile di ricordo, emozione, memoria.

Marco De Angeli, relazioni esterne ABC