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Dove sono le bollicine?

Dove sono le bollicine?

La comunicazione wine&spiritIl settore dei vini, dei distillati e dello champagne rappresenta nel mondo del lusso la categoria di maggiore peso in termini di vendite, con all’incirca il 40% del totale: in termini di management è certamente un’area prossima alle logiche impiegate per beni di consumo (in termini di price point, di distribuzione, etc.): vale lo stesso anche per la comunicazione?

Ci siamo chiesti, cioè, quali siano le logiche che possiamo ravvisare nella comunicazione di questa categoria di prodotti.
Certamente la libertà di espressione di questo settore necessita di particolare attenzione da parte dei creativi, sia da un punto di vista legale per le limitazioni di età, che di pericolosità di un consumo non responsabile: come si possono quindi comunicare la gioia legata al consumo, la socialità, la convivialità, la tradizione, l’esaltazione contemporanea dei sensi del gusto, dell’olfatto e della vista – e anche dell’udito, pensiamo all’importanza dell’istante in cui si stappa una bottiglia di champagne – senza cadere in una comunicazione pericolosa o politically incorrect?

Abbiamo effettuato la nostra abituale analisi delle campagne stampa focalizzando la nostra attenzione su questo settore e la prima cosa che ci ha stupiti è il fatto che la comunicazione di questo mercato, che come abbiamo visto ha un notevole peso nel mondo luxury, sia in effetti meno sviluppata in termini di modalità espressive e creatività rispetto ad altri settori; significativo è il fatto, ad esempio, che ai World Luxury Awards 2010 i vincitori nella categoria food and wine siano Orangina e Canadian Mineral Water!

Le categorie preponderanti in pubblicità sono la birra e la vodka (con Absolut a farla da assoluta padrona), mentre vino, gli altri distillati, lo champagne e lo spumante sono decisamente poco presenti, per quanto si possa ravvisare un piccolo incremento nel periodo delle festività natalizie e di fine anno.

Che stili e forme di comunicazione siamo riusciti ad individuare?
Possiamo sintetizzarle in quattro categorie: il glam drink, la tradizione e le origini, il sogno e la fuga, la magia del cibo.
Definiamo glam drink lo stile di comunicazione che mutua tono di voce e stile fotografico dalle campagne pubblicitarie del mondo della moda e del lusso: questo potrebbe anche non stupirci, dato che molti marchi appartengono ai grandi del lusso – LVMH su tutti con Moet, Hennessy, Krug, Veuve Clicquot, Belvedere e molti altri – e quindi la prossimità potrebbe avere influenzato lo stile espressivo. Vediamo quindi l’associazione più tradizionale – e forse anche un po’ scontata – con la modella modella/celebrità, nella quale luci, pose e sguardi inseriscono le bottiglie in un ambito di leggerezza e sottile provocazione, spesso dando maggiore centralità a testimonial e ambientazioni più che al prodotto stesso, la cui presenza scenica si limita ad un bicchiere ed alla griffe.

Ma abbiamo anche qualche esempio di maggiore ricorso ad uno stile più evocativo e più raffinato, come ad esempio lo champagne Krug che non ritrae i propri testimonial ma li rappresenta accostando la bottiglia ad oggetti che sintetizzano le tappe dei loro successi professionali. Ad esempio l’architetto e designer Jean Nouvel firma un soggetto in cui vengono rappresentati simboli del suo lavoro (squadra, compasso e fogli) assieme a riconoscimenti e premiazioni che lo hanno reso una delle più famose archistar internazionali.
La tradizione e le origini sono un tema ricorrente per le cantine che vogliono sottolineare l’importanza della provenienza (un tema proprio del mondo del lusso in generale) e l’unicità del “Made in”, evocando elementi regionali. Diversi vini siciliani sono protagonisti di pagine pubblicitarie dove le immagini, i colori e i profumi dell’isola connotano il profilo immaginifico del vino: dall’asino che porta le casse di bottiglie all’accostamento con i pomodorini di Sicilia e l’inequivocabile headline “Sicilian Beautè”.

Il tentativo di raccontare il vino con un tono maggiormente onirico e irreale è perseguito da pochissime marche. Mumm ha il primato di una campagna che riesce a proiettarci in un sogno fatto di silenzi e magia: due sedie occupate da un semplice calice di vino che sprigiona enormi bollicine rosse sintetizzano l’aspirazione di estraniarci per qualche istante per portarci in un irrealistico tramonto in riva al mare. Un altro brand dalla creatività distintiva è Johnnie Walker che descrive le sue diverse label con un approccio surreale ma sempre di forte impatto. Anche l’associazione vino-arte può rientrare in questa categoria. Belle Epoque della Perriere-Jouet è un evidente richiamo al liberty non solo nel nome e negli aspetti grafici, ma, come evidenzia il sito, per l’invito a un più piacevole savoir vivre.

La magia culinaria infine risiede nella sapiente associazione del vino con cibi prelibati per una completa soddisfazione dei nostri sensi. E se si parla di champagne, l’associazione con l’aragosta ma manca mai. Sia che si trovi arrampicata sulla bottiglia o che sia semplice richiamo grafico, il crostaceo è – forse anche qui in maniera un po’ prevedibile – il partner d’elezione.

Nonostante queste tendenze, ribadiamo la nostra impressione: data la mancanza di affollamento di campagne pubblicitarie su stampa e il livello di creatività ancora troppo poco spesso degno di nota, c’è un grosso spazio in termini strategici e di posizionamento per quei brand che abbiamo intenzione di individuare aree di competenza uniche ed originali, a partire da una attenta analisi delle caratteristiche proprie del consumatore, per riproporre in pubblicità il piacere di bere senza sconfinare in territori pericolosi.

Di Marco De Angeli, ABC e Lisa Epaule

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