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Intervista a Olavo Novaes

Intervista a Olavo Novaes

Il campione brasiliano di polo si confessa“Unico”: indubbiamente un aggettivo che ben descrive il gioco del polo. Ad essere unici non sono solo atmosfera e stile di vita, ma anche regole. Infatti, come in pochi altri sport, sui 270 x 180 metri del campo – spesso in erba, a volte in sabbia o anche neve – team composti da professionisti ed amatori si sfidano per la vittoria. Sono gli amatori ad armare la squadra, ma sono i professionisti che in campo sono i registi, le star.

E’ proprio questo il mestiere scelto da Olavo Novaes. Figlio di Sylvio Novaes, giocatore brasiliano 8 gol di handicap e vicitore, tra le altre cose, della Coronation Cup e della Queen’s Cup inglesi – due dei massimi tornei – e del Mundialito del 1979, per Olavo il polo è una storia di famiglia. Come suo padre, anche lui raggiunge gli 8 gol di handicap, posizionandosi così tra i più forti giocatori al mondo. Tra i suoi successi, tre partecipazioni ai mondiali come giocatore –  campione  nel 1995 e nel 2001 e vice campione nel 1998 – ed una come allenatore del team brasiliano, due  vittorie ai campionati Sud Americani, quattro ai campionati Brasiliani ed un secondo posto nella Coronation Cup, già vinta da suo padre.

Perché il polo?
Perché no? Non c’é niente di meglio! La mia famiglia è alla quarta generazione di giocatori; non avevo molte alternative. E poi, sono sempre stato innamorato dei cavalli; ho imparato a montare prima ancora che a camminare!

Come definiresti questo gioco?
Probabilmente l’attività più divertente che ci sia!

Come definiresti questo stile di vita?
Secondo me, il mondo del polo è composto da due realtà in sinergia l’una con l’altra: quella che salta subito all’occhio, fatta da persone che giocano per lo status, per pubbliche relazioni e  per lo stile di vita,   e poi c’è il  ‘dietro alle quinte’, fatto  da persone dedicate che lavorano duro ed  amano davvero  i cavalli ed il gioco.

Cosa più ti affascina di questo sport?
Il rapporto che si crea con i cavallo, fondamentale per giocare bene.

E cosa più ti piace di questo sile di vita?
Mi da la possibilità di vivere nei luoghi più belli del mondo e di interagire con persone interessanti. Sono fortunato: facendolo di mestiere, ho l’opportunità di viverlo davvero a 360 gradi ed in più posso contribuire a fare vedere quanto sia fantastico, imegnativo, stimolante e non solo status ed apparenza.

Un bel ricordo?
Le partite di allenamento che faccio in  casa con mio padre ed i miei fratelli, tutti giocatori.

Ed uno brutto?
Diversi incidenti avuti da me o dai miei cavalli.

Si deduce da questo che hai avuto degli incidenti?
Si, parecchi: mi sono rotto quattro volte la mano destra, sei  costole, cinque  vertebre, cinque  dita dei piedi, lo zigomo, il bacino e due volte il naso; direi che può bastare!

Uno sport intenso e complicato; come ti alleni?
Mi alleno per circa quattro ore al giorno: una prima seduta di condizionamento aerobico, una seconda per la forza, e  poi,  chiaramente, l’allenamento specifico a cavallo.

Che programmi hai per la stagione 2010?
Oltre ai vari tornei che gioco in Brasile da Marzo a Giugno, giocherò anche in Europa per tre mesi: a Saint Tropez, a Deauville ed infine a Parigi dove spero di vincere  l’ Open de France.

Si dice che il polo sia una metafora della vita; tu che ne pensi?
Sono abbastanza d’accordo: le due ore di durata di un match sono un condensato di situazioni che ci si trova ad affrontare nella vita e spesso, come si reagisce in campo è indicativo di come lo si fa fuori.

Cosa può insegnare questo gioco?
Ad essere dei ‘gentelman tosti’ e cioè a trovare il giusto equilibrio tra durezza e correttezza.

Quali caratteristiche fanno un buon giocatore?
Una combinazione di cuore, istinto, testa, amore per il cavallo ed anche un po’ di fortuna.

Come descriveresti brevemente:
Colpire la palla perfetta:
Incredibile!

Armonia con il cavallo.
Piacere.

Galoppare a massima velocità giù per il campo, verso la porta avversaria, da solo.
Un successo.

Vincere un ride-off.
Grande soddisfazione e nei confronti dell’ avversario: “scusa!”

Un match ben giocato.
Siiiiiiii!

Un match mal giocato:
Non si può dire.

Fare parte di un gruppo così esclusivo.
Un’ enorme fortuna.

Allegra Nasi