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Il lusso del passato

Il lusso del passato

Il gusto retrò per un nuovo ottimismo

Ci sono diversi motivi per i quali una marca decide di associare la sua comunicazione a immagini di un passato più o meno recente: per rievocare le proprie origini, per associarsi a stili d’altri tempi, per un senso di nostalgia, perché il passato è rassicurante o forse solo perché il presente non sa che cosa raccontare.

È curioso notare come anche il mondo del lusso e della moda non esitino a richiamare nella propria comunicazione stili, simboli e codici che rievocano il passato. Oggi si parla molto di stile retrò, ma che cosa vuole e dire e perché viene utilizzato?

Abbiamo già avuto modo di raccontare il desiderio di diverse marche di raccontarsi attraverso la propria storia (pensiamo a quanti brand scelgono di comunicare le loro radici nell’artigianato: Louis Vuitton e Gucci, solo per citare le ultime), ma il rifugiarsi nel passato è una tendenza che è sempre più indipendente dall’enfatizzazione delle proprie origini. Anche perché il periodo preso a prestito è quasi sempre lo stesso: gli Anni ’50 e gli Anni ’60. Un primo esempio è la recente campagna stampa Lacoste, in cui modelli e modelle sono immortalati dall’obiettivo di Ellen Von Unwerth spensierati in riva al mare, con un chiaro riferimento per colori, oggetti e acconciature, al secondo Dopoguerra. Anche la campagna per La Rinascente utilizza soluzioni cromatiche e grafiche tipiche di quegli anni. Ed è curioso che proprio la cattedrale del lusso italiano si affidi a codici stilistici di un’epoca della quale è lecito domandarsi che cosa sappiano molti del lettori e consumatori.

Avanziamo invece di circa un decennio con la campagna Fratelli Rossetti, che si affida agli Anni ’60 non solo per la comunicazione pubblicitaria, ma anche per la scelta del modello da commercializzare. Basti pensare che è proprio dell’ultima stagione il rilancio del mocassino Brera, un classico degli Anni ’60, quando in un’Italia ancora con le maniche rimboccate la Fratelli Rossetti introduceva i “fiocchetti rossi”, accessorio che per l’epoca è stato considerato una vera novità. Lo stile retrò si ritrova anche nella pubblicità della collezione donna, che sceglie la francesina in vitello avorio, altra icona di quegli anni. Guess by Marciano, invece, si affida alla fotografia di Vincent Peters per rievocare le dive di una Hollywood ancora in bianco e nero. E anche Dior utilizza i codici cinematografici dei noir di quegli anni per la campagna con Karlie Kloss fotografata da Craig McDean. Torniamo infine agli Anni ’50 con il video online di Christian Louboutin Dancer in Daydream (http://www.fashionair.com/index.php?action=watch&itemID=420106) in cui il creatore delle scarpe di super lusso diventa ballerino in una Broadway in bianco e nero.

Gli esempi sono molteplici e validi non solo per la moda: Philips e Coca Cola stanno riempiendo le pagine dei periodici con campagne che sono una vera e propria riproposizione delle pubblicità di un tempo. È difficile trovare una motivazione complessiva che possa giustificare queste scelte, ma l’iconografia che viene utilizzata ci sembra voler evocare l’ottimismo, la voglia di riscatto, l’intraprendenza e un’epoca nella quale gli oggetti avevano un valore intrinseco. In tale contesto l’acquisto era spesso vissuto come un momento di rinnovamento e rinascita, una conquista personale e sociale. La Vespa, la 600, il televisore… ma anche i bikini e i tacchi a spillo hanno rappresentato un cambiamento epocale.

Di certo, paragonare l’attuale crisi economica alle difficoltà del Dopoguerra ci sembra estremo, ma possiamo constatare la sensazione di incertezza e di preoccupazione per il futuro, oltre che il ricordo di un tempo che era diverso: le prospettive sono tutto fuorché chiare. Il marketing invece ci offre un’immagine positiva: un passato del quale non ricordiamo più le difficoltà, le privazioni, ma che ci offre un esempio di ottimismo.

Ma c’è anche un altro motivo per cui crediamo che questo tipo di passato sia spesso richiamato. La stratificazione sociale è sempre stata una conditio sine qua non per l’affermazione dei ceti più abbienti. L’aristocrazia prima e la borghesia poi si sono sempre volute distinguere grazie a oggetti e a uno stile di vita che permettesse loro di identificarsi come elite culturale ed economica, separandosi dalla massa.

Oggi sappiamo che l’esclusività dell’immagine di un prodotto di lusso riceve diversi attacchi, che rischiano di indebolirla. La maggiore accessibilità tramite categorie merceologiche (quali gli accessori) alla portata di un pubblico ben più vasto, i falsi sempre più identici agli originali, gli outlet e le svendite hanno mischiato le carte in tavola. Ecco allora che il richiamo a periodi in cui le stratificazioni erano maggiormente definite e ogni prodotto dava una chiara classificazione dello status del suo acquirente potrebbe aiutare un marca nella affermazione del suo essere elitaria, non tanto in termini di sterile snobismo, ma in termini di unicità, di caratterizzazione e di espressione di valore.

Marco De Angeli, ABC

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