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Giuseppe Rivadossi, l’ebanista bresciano

Giuseppe Rivadossi, l’ebanista bresciano

La poesia in un oggetto di legno
“C’è qualcosa di straordinario nelle leggi della natura, c’è qualcosa che viene prima e va oltre noi stessi, i nostri interessi, la nostra avidità o la nostra violenza. Questo qualcosa è l’amore che troviamo come fatto istintivo in ogni animale, ma anche in ogni espressione della vita vegetale.”
Giuseppe Rivadossi

Varcare la soglia dell’Atelier Giuseppe Rivadossi a Nave (Bs), è come entrare in luogo magico. Il profumo è quello del legno tagliato e vivo, la luce colora e riscalda e ogni creazione sembra raccontare una storia.

Rivadossi da oltre 50 anni lavora il legno caricando di significati semantici questo materiale e mettendo la manualità al servizio della bellezza intesa in senso lato, quella del Creato.

Nel mondo di Rivadossi grande importanza ce l’ha la scultura, un luogo d’arte dove rifugiarsi e dove elaborare la sua visione della persona e dello spazio, dell’equilibrio e delle forze umane e non.
Accanto a questo percorso artistico negli anni approfondisce il lavoro sulla struttura.
Forma e funzione sono un tutt’uno nella creazione di oggetti che si fondono sul rispetto della materia prima di tutto ma anche delle persone, di chi commissiona il mobile ma anche di chi lo costruisce.

Per Giuseppe Rivadossi le strutture e le forme devono aiutarci a ritrovare il senso e il piacere del vivere all’interno di un fatto grande, infinito e meraviglioso. Così i volumi si sviluppano in verticale o in orizzontale riprendendo le forme naturali del paesaggio accompagnando chi li vede in un viaggio alla riscoperta della meraviglia.

Qual è il rapporto tra forma e materia?
La materia è legata alla costituzione fisica degli oggetti, la forma invece varia a seconda delle qualità specifiche del materiale e della funzione delle strutture.
Fino a 50 anni fa erano le forme e le strutture a suggerire il tipo di materiale più adatto a realizzarle, oggi il processo è inverso, si tende a mettere in evidenza le qualità naturali della materia come fatto estetico.
E così se in parte si è persa la tecnica manuale di lavorazione, con la modernità stiamo assistendo ad una rivalutazione della materia sia essa pietra, vetro, ferro o legno.

Perché ha scelto il legno?
Il legno è un materiale che per essere lavorato nel suo corpo pieno e non ridotto a compensati o impiallacciature, deve essere ben conosciuto.
Realizzare una struttura con questo materiale vuol dire tenerne in considerazione le caratteristiche specifiche che non sono poche e sono comunque sempre esposte al clima e alle variazioni dell’ambiente.

Cosa vuol dire realizzare un oggetto di design?
Il design è una metodologia di progettazione che prevede una realizzazione meccanica seriale. Le mie strutture non sono mai frutto di questo procedimento, ma di una intuizione e di una realizzazione accurata.
Comunque tutto ciò che si costruisce, sia attraverso il metodo industriale che quello personale, secondo me deve essere rivolto a definire l’ambiente in cui viviamo.

E qual è la differenza con un’opera d’arte?
Sia la struttura con una sua funzione pratica: (definire lo spazio, contenere o servire) sia un’opera d’arte con finalità più o meno decorative o evocative, se non comunicano poesia non hanno alcun valore urbano.
In questo senso per me, fra le strutture e l’opera d’arte non c’è differenza, perché sia l’una che l’altra sono comunque rivolte con la loro presenza a servire e a definire lo spazio e la sua poetica.

Com’è cambiato, se è cambiato, il modo di lavorare da quando ha iniziato a oggi?
Per me pochissimo, anche se ovviamente oggi il costruire in generale avviene tutto meccanicamente.
All’inizio del mio percorso le mie relazioni di lavoro si svolgevano in un mondo povero e più legato alla tradizione. Allora il committente si portava dentro la nostalgia di quello che era stata la civiltà agraria nella quale era nato e cresciuto, ora a parte la crisi che stiamo vivendo c’è più disponibilità, più libertà, ma anche più inquietudine e disorientamento.
Nel passaggio fra queste due epoche, ho sentito l’esigenza di non perdere e di riscoprire la natura e la bellezza del materiale legno e del manufatto.
Ho incominciato così a studiarne le caratteristiche e gli aspetti fondamentali.
Da questo studio sono venute le congiunzioni ad incastro, le lavorazioni a scalpello o a pialla a vista, le dimensioni e le forme delle mie strutture.

La vostra è una professione apparentemente solitaria ed estremamente personale, qual è il segreto per lavorare con gli altri? Che caratteristiche deve avere il vostro collaboratore?
La nostra bottega è fondata sul rigore del ben costruire e sulla sentita collaborazione personale di ogni addetto.
Ora, coi miei figli Emanuele e Clemente e con alcuni bravissimi collaboratori condivido sia il percorso di costruzione che il senso e la poetica del manufatto che andiamo realizzando.

Per un Atelier come il vostro che significato ha partecipare a eventi come il Vinitaly o il Salone del Mobile?
Per noi è fondamentale il rapporto diretto con il committente, queste occasioni ci permettono di incontrare persone giustamente interessate alla nostra proposta.
Anche in questo tipo di approccio siamo diversi dal normale percorso dell’industria.
Tutti gli oggetti che costruiamo nascono da una visione che per essere compresa richiede di essere conosciuta e condivisa.

Qual è il significato di bellezza per Giuseppe Rivadossi?
Nelle proposte del design industriale, oggi vediamo una ricerca di originalità provocatoria e vari formalismi. Queste espressioni per me sono più un segno di debolezza creativa che altro. La bellezza non è un artificio, ma un fatto profondamente umano e vero, che va dall’intelligenza della struttura e all’onestà costruttiva fino all’immagine poetica che il costruito viene ad assumere nello spazio della vita.
Un’opera può essere considerata bella se oltre il ben servire riesce a dialogare e comunicare il piacere dell’abitare e del vivere.
Tutto ciò che l’uomo costruisce contribuisce a definire nel bene e nel male l’ambiente in cui viviamo.

www.giusepperivadossi.net

Francesca Zottola