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Bortolomiol, un’azienda in rosa

Bortolomiol, un’azienda in rosa

Intervista a Elvira, vice presidente dell’azienda
Quando si parla di Bortolomiol in Valdobbiadene si cita un’istituzione, una pietra miliare della storia del Prosecco.
La caratteristica di questa azienda è che, alla sua guida ci sono oggi quattro donne, forti, determinate come solo le donne sanno essere.
Infatti, alla scomparsa di Giuliano, fondatore della cantina, le figlie Giuliana, Maria Elena, Elvira e Luisa hanno preso in mano le redini dell’azienda sotto lo sguardo vigile di Ottavia, la mamma.

Maria Elena, attuale presidente, è stata la prima a entrare in azienda, nel 1984 e, fin dall’inizio si è occupata di commerciale estero.
Elvira, vice presidente di Bortolomiol, si occupa dello sviluppo di nuovi progetti, oltre che promuovere e comunicare una maggior cultura legata alla tutela della denominazione del Valdobbiadene Prosecco Superiore Doc vicepresidente del Consorzio) e sedere nel consiglio di amministrazione della società Alta Marca.

Luisa si occupa di diverse mansioni che vanno dagli affari legali fino al marketing cosiccome Giuliana che spazia dall’amministrazione alla produzione. «Noidice Elviraabbiamo raccolto l’eredità di papà e, soprattutto, la sua voglia di fare e di investire in azienda».

Era infatti il 1949 quando Giuliano, fresco di diploma della scuola di enologia di Conegliano, fondò la casa spumantistica riprendendo una tradizione di famiglia visto che risalgono al ‘700 i documenti che dichiarano la proprietà, da parte dell’avo Bartolomeo, di vigneti in Valdobbiadene.

Nel 1945 Giuliano fondò la Confraternita del Prosecco e istituì la Mostra Nazionale degli Spumanti, che si tiene ancora oggi nella sede storica di Villa Cedri.
Precursore in tutto, Giuliano, nel 1960 fu il primo a realizzare il Prosecco Brut (prima d’allora il brut era fatto solo con uve di Pinot).
Il prosecco brut è sempre il fiore all’occhiello della casa, tanto che il “Motus Vitae” dedicato al fondatore è un brut.

«Il Motus Vitaeprosegue Elviraè legato alla memoria di mio padre. Infatti viene messo a fermentare il 27 febbraio, giorno del suo compleanno. Le uve vengono prese da un unico vigneto e non si fanno più di 8mila bottiglie l’anno».

Anche il “Bandarossa” è uno dei vostri vini identificativi?
Ogni vino è, in qualche modo legato al papà.
In particolare il Bandarossa si chiama così perché deriva da un’abitudine che aveva lui.
Infatti, ogni anno, selezionava alcune botti da cui sarebbe stato ricavato il vino migliore. Girava per la cantina e segnava con un tratto rosso (da qui deriva il nome “Bandarossa” ndr) quei vini che, a suo giudizio, erano i migliori.

Quindi ci sarà una storia che segna il vostro “Filanda Rosé”?
Certo. Già nel ‘600 la Serenissima Repubblica di Venezia impiantò nella nostra zona l’allevamento del baco da seta.
Oggi noi abbiamo voluto rendere omaggio al lavoro delle filandaie riprendendo il nostro rosé storico e dedicandoglielo.
Inoltre abbiamo ristrutturato una delle quattro filande di Valdobbiadene che si trova all’interno dell’area della nostra azienda. Qui abbiamo creato la nuova sala di degustazione e sempre qui, a breve, inaugureremo la Cittadella del Prosecco.

Torna costante la vostra attenzione al mondo femminile?
Ma non ci fermiamo in Valdobbiadene.
Con l’organizzazione non governativa Ricerca e Cooperazione, partecipiamo al progetto Africa, Ricerca e Cooperazione.
Si tratta di un progetto per sostenere la formazione delle donne residenti nei villaggi periferici del Parco W di Albinori nel Benin.
Inoltre abbiamo realizzato anche una limited edition di bottiglie con l’etichetta Wine for Life.
Il ricavato delle vendite andranno a sostegno delle donne malate di Aids e dei loro figli che vivono nella comunità di Sant’Egidio.

A quanto ammonta la produzione totale?
Ogni anno produciamo 2 milioni di bottiglie di cui l’80% viene commercializzato in Italia.
Per quanto riguarda l’estero distribuiamo in oltre 20 paesi fra Europa, Usa, Cina e Giappone. In molte zone insieme al Prosecco portiamo la storia e la cultura che vi è legata perché questa è la nostra forza.

Alessandra Iannello