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Tecnologia e cura nei jeans di Jacob Cohen

Tecnologia e cura nei jeans di Jacob Cohen

Parla Marco Tiburzi

I jeans di Jacob Cohën sono l’antitesi del capo basico. Infatti se all’apparenza, ma solo al primo sguardo, le creazioni di Nicola Bardelle sembrano uno dei tanti pantaloni per i momenti più free, basta avvicinarsi, osservarli e toccarli per capire che si è davanti a un capo di altissimo livello, unico nel suo genere: un vero e proprio lusso da indossare.

Lo sguardo si posa sulle impunture, che sono precise come un ricamo, sui bottoni, che sono di palladio lucente. Poi il tatto esplora il denim e sente la mano inconfondibile di una tela antica prodotta su telai storici come solo sanno essere quelli della giapponese Kurabo. In particolare la stagione primavera-estate 2010 si arricchisce nella collezione donna di un jeans a memoria di forma (grazie all’impiego di Lycra Xla T400 nella composizione del tessuto) che manteniene la propria silhouette, anche nei punti di estrema sollecitazione, e di una gamma di pantaloni in gabardine di cotone Pima dall’allure vintage, grazie a strappi e smagliature. Per lui la novità tecnica è un lino mutuato dal mondo militare dalla mano talcata, che nasconde una grande resistenza a strappi e logoramenti. Inoltre, nella linea Academy il denim lascia spazio al fresco di lana, al principe di Galles, ai gessati e ai check, alcuni dei quali realizzati in esclusiva dal Lanificio Vitale Barberis. “Nicola – spiega Marco Tiburzi, direttore commerciale del brandha come concetto base l’accuratezza nella scelta dei tessuti e l’attenzione alle lavorazioni”.

Questa attenzione si ritrova anche nei prodotti realizzati dai vostri licenziatari o da quelli frutto di co-branding?
Per il momento l’unica licenza attiva è quella con Altana per la linea junior. Abbiamo scelto questa azienda perché è in perfetta sintonia con le nostre filosofie di produzione, di distribuzione e di marketing. Oggi le linee sono due e vanno dai 4 ai 14 anni per lei e per lui. In futuro ci piacerebbe un baby Jacob Cohën. Per quanto riguarda i co-branding, l’ultimo in ordine di tempo è quello con Gilli. Per la maison, Nicola ha disegnato la linea Gilli Jeans ed è una collaborazione nata sotto il segno delle similitudini fra i due mondi, che sono il prestigio e l’esclusività dei prodotti. Questa limited edition, che sarà distribuita solo nei monomarca Gilli, risponde anche a un’esigenza creativa che Nicola non riusciva a incanalare nelle linee Jacob Cohën.

Il mondo Jacob Cohën si completerà con nuove linee di prodotto?
Effettivamente ci siamo accorti che la nostra clientela ha voglia di vivere il marchio nella sua interezza e così stiamo lavorando su più fronti: calzature, profumi e occhiali.

A quando queste nuove linee?
Sono nell’aria. Già ogni stagione laviamo i nostri capi impiegando delle essenze che ben si prestano a diventare dei profumi. Per quanto riguarda l’eyewear, Nicola è un grande collezionista di montature e quindi vedo molto realistica una possibile collaborazione con un produttore.

Un così ampio catalogo troverebbe giusta collocazione all’interno di un monomarca…
Stiamo pensando seriamente a un flagship. E stiamo guardando a una giusta location a Milano. Inoltre, ci arrivano richieste per partnership da tutta Europa, dal Middle e dal Far East e, non previste, dal Sud Africa.

Tanti i progetti in un momento così particolare a livello economico mondiale…
Devo dire che per noi il 2009 è stato un anno interessante in uno scenario globale complesso. Abbiamo avuto un incremento a due cifre del giro d’affari che ci ha portato a un fatturato di 40 milioni di euro. Siamo fiduciosi anche per il prossimo anno. Infatti, gli ordini per la primavera-estate hanno registrato un +22% rispetto al primo semestre del 2009. Questi sono dati da sottolineare, perché quest’anno abbiamo anche portato avanti una politica di attenzione alla distribuzione riducendo il numero dei nostri clienti.

I risultati sono stati omogenei in Italia e all’estero?
Sì, anche se diversificati sui diversi mercati abbiamo segnato positivamente anche il dato relativo alle esportazioni. Oggi la nostra quota export si attesta al 35% del giro d’affari globale. Questa percentuale dovrebbe aumentare e raggiungere il 50% entro i prossimi tre anni. In particolare incrementeremo nei Paesi dove siamo già presenti (Europa, Giappone e repubbliche dell’ex-blocco sovietico, ndr) mentre stiamo aspettando la ripresa del mercato Usa, per il quale abbiamo già pronta una strategia di approccio ad hoc.

Alessandra Iannello

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