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Quando la moda aiuta l’ambiente

Quando la moda aiuta l’ambiente

Intervista a Ilaria Venturini Fendi“Creare senza distruggere” questo è il motto di Carmina Campus il progetto ideato da Ilaria Venturini Fendi che applica alla moda e al design il concetto di “riciclo creativo”. Infatti i prodotti del brand, pezzi unici realizzati artigianalmente in Italia, sono fatti con i materiali di scarto più eterogenei trattati con la stessa cura e attenzione dedicata solitamente a quelli più preziosi. La complessità delle lavorazioni è riportata sul cartellino dove sono dichiarate le ore necessarie a progettare e realizzare ogni pezzo.

Per promuovere progetti di sviluppo in alcune comunità africane, Carmina Campus ha iniziato a far produrre pannelli e altri semilavorati da gruppi di donne del Camerun, del Kenya e dell’Uganda da inserire in alcuni modelli lavorati in Italia. Così oggi Carmina Campus collabora con Aidos (Associazione Italiana Donne per lo Sviluppo), una Ong che si occupa di diritti umani delle donne nei paesi in via di sviluppo. Si occupa inoltre di un progetto in Camerun che riguarda un gruppo di donne svantaggiate che lavorano all’uncinetto i cappelli della loro tradizione locale poi trasformati in Cameroon Bags, e ricamano a macchina quadranti per altri modelli di borse.

È poi iniziata una collaborazione con Itc (International Trade Centre, agenzia dell’Onu e del Oms che nell’ambito del suo programma di ethical fashion promuove sviluppo in Africa attraverso il lavoro). Nelle comunità del Kenya e dell’Uganda seguite da Itc vendono prodotti dei semilavorati, dei pannelli come quelli delle Message o delle Dragon Bags che vengono poi montati nelle borse dagli artigiani nostrani.

La gamma di proposte va dalle borse ai gioielli, dai mobili agli oggetti di design fino ai bijoux e si trovano in vendita a Roma da Re(f)use e Degli Effetti, a Milano da 10 Corso Como e Antonioli, a Brescia da Penelope, a Londra da Dover Street Market, a Tokio da Isetan e in alcuni altri fra i migliori negozi in giro per il mondo.

Come nasce il progetto Carmina Campus?
In modo spontaneo, come conseguenza di un cambiamento significativo avvenuto anni fa, quando lasciai il gruppo di famiglia per dare un nuovo corso alla mia vita. In quel momento diventare imprenditrice dell’azienda agricola biologica, che tuttora amministro e che occupa gran parte del mio tempo, mi ha aperto nuove idee e nuove strade. Pensavo che fosse un addio definitivo alla moda, perché erano diventati altri i valori che mi interessavano, tutti apparentemente inconciliabili con quel mondo, quali vivere a contatto con la natura, avere ritmi meno condizionati dai calendari, potermi impegnare di più in progetti sociali ed ecosostenibili. Invece tornare alla creatività è venuto quasi da sé con un progetto basato proprio su questi valori. Non ho rinunciato a fare l’imprenditrice agricola, ma con il riciclo e il riuso dei materiali sono tornata a essere una designer di moda e riesco felicemente a coniugare questo progetto con quello in cui credo oggi.

Nascerà una strategia di creazione di una rete di monomarca Carmina Campus?
Per il momento abbiamo un solo punto vendita diretto, a Roma, e non si chiama Carmina Campus ma Re(f)use, un nome dal doppio significato, “Rifiuta/Riusa”, dove sono ospitati anche altri designer, creativi italiani e internazionali che lavorano a livello alto sul riciclo. Per ora Carmina Campus è una realtà di nicchia e non penso a crescere con ritmi difficili da tenere sotto controllo. Mi piace lavorare con il mio ristretto team di persone e fare piccoli passi. E poi trovo ormai superato il concetto di monomarca. Mi piace confrontarmi con gente che si impegna a dare un valore aggiunto, più attuale all’oggetto di consumo e più contemporaneo rispetto alle esigenze del consumatore. Il mondo di Re(f)use è interessante perché proponiamo sempre pezzi unici, tirature limitate, prototipi. Se anche dovessi aprire altri Re(f)use, ogni punto vendita sarebbe molto diverso dall’altro perché non ci sarebbero mai le stesse cose. Solo l’atmosfera e lo spirito del progetto sarebbero le stesse.

Si amplia sempre più la gamma di prodotti targati Carmina Campus, cosa vedremo in futuro?
Con il riciclo vengono idee sorprendenti. Di solito è il materiale che incontro che mi suggerisce quello che potrebbe diventare, anche se per tradizione familiare amo fare gli accessori e sento di più l’oggetto, magari anche il mobile. Il bello di Carmina Campus è proprio quello di essere un progetto spontaneo che nasce da scelte emozionali, senza un piano marketing specifico e quindi in futuro chissà…

I vostri progetti hanno come focus l’Africa, state pensando ad aiutare altri Paesi?
Mi piacerebbe lavorare anche con altri Paesi che hanno risorse creative interessanti come per esempio il Brasile e ricevo richieste di collaborazione da diverse Ong e Associazioni che si occupano di cooperazione allo sviluppo in vari paesi del mondo. Ma per il momento è già molto impegnativo quello che faccio in Africa. Non si può far tutto se si vuole far bene.

Alessandra Iannello