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Manolo Blahnik per le donne

Manolo Blahnik per le donne

Il maestro delle scarpe fashion È da sempre il protagonista dei sogni delle fashion victim, Manolo Blahnik, con le sue creazioni (è riduttivo chiamarle scarpe!) è oggi il re del tacco a spillo anche per il grande pubblico. Infatti le calzature del designer sono state scelte dalle protagoniste dei serial tv più cool. Così, Sarah Jessica ParkerCarry Bradshaw ha eletto le sue scarpe a feticcio fashion nella famosa serie Sex and the City, mentre Anne Hathaway – Andy Sachs (assistente della terribile Meryl Streep – Miranda Priestly) le ha indossate, nel film Il diavolo veste Prada, a simbolo della sua omologazione ai dettami del mondo della moda. Alla base del successo di Blahnik un estro senza tempo ma rivoluzionario e un’arte del produrre imparata direttamente dagli artigiani calzaturieri. Questa ricercatezza del “fatto bene” si ritrova nella scelta del designer di far realizzare tutte le calzature rigorosamente a mano da artigiani italiani (le aziende che producono sono ubicate a Vigevano, Cesare Martinoli e Re Marcello, e Parabiago, Cleo Bote). Oggi la produzione ammonta a qualche centinaia di migliaia di paio all’anno (i numeri relativi al giro d’affari della griffe sono rigorosamente top secret) e vengono distribuite tramite licenze attive negli Usa, in Asia e in Europa (quest’ultima fa capo a una società della stessa famiglia Blahnik). Abbiamo incontrato Manolo all’inaugurazione del Museo internazionale della Calzatura “Pietro Bertolini” di Vigevano che, nell’occasione, ha anche insignito lo stilista del premio Scarpetta d’Oro come riconoscimento del sodalizio che da oltre vent’anni lega il designer alla città. «Ricordo ancora – ha detto Blahnik – la prima volta che arrivai a Vigevano, mi colpirono tre cose: la piazza, il Castello e l’ottimo gelato».

Come inizia la carriera di un maestro della calzatura?
Come tutte le cose importanti anche il mio disegnare scarpe cominciò per caso. Nella mia giovinezza volevo fare lo scenografo. Ero letteralmente innamorato dei film di Visconti e, in particolare dei costumi di scena. Nel 1971, tramite degli amici newyorkesi, riuscì a sottoporre i miei bozzetti a Diana Vreeland, l’allora caporedattrice di American Vogue. Lei non diede un parere positivo sui costumi, ma rimase affascinata dalle calzature. Così mi consigliò di concentrarmi nell’accessorio. Seguii il suo consiglio ed eccomi qui. Comunque il cinema è rimasto nel mio cuore. L’ultima collaborazione è stata con Sofia Coppola, per il suo Maria Antonietta.

Ma “le Manolo”, come sono chiamate dalle fashion victim le sue scarpe, nascono solo l’anno dopo…
Sì, tornato a Londra, nel 1972, incontrai Ossie Clark con il quale realizzai la mia prima collezione. Ricordo con terrore la prima uscita ufficiale. Realizzai una scarpa impiegando 118 centimetri di crepe di seta e la fattura era decisamente pessima. Le modelle caracollavano sui tacchi in maniera insicura, io ero convinto che quella sarebbe stata la prima e ultima collezione. Invece il pubblico e la stampa furono entusiasti definendo quella “una camminata molto sexy”. Lavorai per diverso tempo con Clark e la scarpa che disegnammo adornata di ciliegie è, a tutt’oggi, il mio best seller.

Lei ha sperimentato molto con i materiali…
Io sono convinto che qualsiasi cosa possa trasformarsi in una scarpa. Anni fa ho utilizzato il titanio, era bellissimo ma rendeva la scarpa importabile, troppo pesante. Mi sono divertito moltissimo a fare una scarpa in avorio. Riprendeva la forma di una colonna greca ed era chiusa da chiffon… era stupenda ma ne vendemmo solo quattro paia. Ricordo anche una decolleté in pvc tempestata di pietre dorate creata appositamente per l’incoronazione di una miss.

Una scarpa deve rendere una donna sexy o deve farla camminare comoda?
Sicuramente la comodità deve venire prima di tutto. Grazie agli abili artigiani italiani che producono le mie calzature sono riuscito a fare scarpe sexy, con tacchi alti e molto comode.

Come nascono “le Manolo”?
Da sempre disegno le mie collezioni a mano, perché non so usare il computer. Poi mando ai modellisti il bozzetto e loro lo trasformano in scarpa. Si parte con una media di 300 prototipi a stagione, dei quali ne vanno in produzione non più di 100. Per accontentare i gusti di tutte le nostre clienti in giro per il mondo manteniamo fissi i modelli ma variamo i colori.

Che cosa proprio non le piace?
Sicuramente le scarpe con la zeppa, trovo orrende le donne col platform. E poi non mi piacciono le scarpe da uomo. Le trovo noiose. Io stesso indosso le babuche che ricordano le calzature del periodo a cavallo fra il XVIII e il XIV secolo: sono impagabili.

Per concludere, una domanda d’obbligo: ma Carrie, riuscirà a ricomprarsi un paio di Manolo dopo che le sono state rubate in una puntata cult della serie Sex and the City?
Mi dispiace, ma io non ne so nulla… non guardo quel genere di programmi.

Alessandra Iannello

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