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La storia di Jimmy Choo

La storia di Jimmy Choo

Da Penang a Londra

Jimmy Choo è uno dei marchi di scarpe più apprezzati da star e non solo.

Non tutti però sanno che la storia della Maison inizia nel 1969 a Penang in Malesia, quando un giovanissimo Kee Choo Yin scopre la sua passione per il mondo delle calzature di pregio e decide di partire alla volta di Londra per ampliare ulteriormente le sue conoscenze sull’arte di fare scarpe.

Nel 1986 apre il suo atelier  nel profondo East-End di Londra, ad Hackney, ristrutturando l’ala abbandonata di un vecchio ospedale.

Il giovane designer, per farsi conoscere nel mondo del lusso, ha la geniale idea di fornire a Vogue UK le sue scarpe a titolo gratuito, chiedendo però in cambio alla testata di pubblicizzare il suo nome: la celebre rivista di moda capisce subito di avere tra le mani un genio e infatti nel 1988, gli dedica un servizio-record di otto pagine.

La prima vera svolta, però, avviene con l’incontro con Lady Diana, grande estimatrice delle sue creazioni; tra i due nasce un rapporto di stima reciproca, basti pensare che Choo fu l’unico designer di scarpe a essere presente al funerale della Principessa nel 1997.

Nel 1990 entra in gioco Tamara Mellon, conosciuta fino a quel momento come Vogue editor, che con il supporto economico del padre Tom Yeardye, riesce a portare il brand alla fama internazionale di cui gode tutt’oggi.

La crescita del marchio è esponenziale: Jimmy Choo, nel 1997 crea 3.000 paia di scarpe, nel 2001, 73.000 e nel 2003, 125.000.

Nell’Aprile del 2001, Choo vende la sua percentuale del 50% della società per un valore 10 milioni di dollari, concentrandosi unicamente sull’esclusiva linea Jimmy Choo Couture, sotto licenza della Jimmy Choo Ltd. La linea londinese, conosciuta anche come Jimmy Choo prêt-à-porter o, semplicemente, Jimmy Choo, rimane invece sotto la competenza di Tamara Mellon.

Tutta l’ascesa dell’impero Jimmy Choo è raccontata accuratamente nel libro “The towering world of Jimmy Choo”, scritto da Sagra Maceira de Rosen e Lauren Goldstein Crowe, due giornaliste che gravitano intorno al mondo del lusso.

Unico inconveniente: il libro non è stato ancora tradotto, quindi esercitatevi con l’inglese prima di leggerlo!

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