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3 – Montalcino: il Brunello

3 – Montalcino: il Brunello

Conoscere il vino più importante prodotto con vitigno Sangiovese

È sempre Sangiovese, ma qui si chiama Brunello.
Fedeli alle millenarie lotte campanilistiche, i Toscani amano distinguersi anche per dare al Sangiovese un nome diverso per ogni zona di produzione. Se nella zona del Chianti si parlava di Sangiovese, qui, lungo le pendici della collina di Montalcino si parla di Brunello, per indicare sia il vitigno sia il vino più importante prodotto: il Brunello di Montalcino.

Brunello - ConsorzioCome per la grande maggioranza dei vini italiani, anche nella zona di Montalcino, fino alla seconda metà del 1800, non si producevano che vini mediocri. È solo grazie alla passione ed alle intuizioni di Clemente Santi e, successivamente, di suo nipote Ferruccio Biondi, che oggi l’Italia può vantare uno tra i più pregiati vini al mondo, in grado di fronteggiare le blasonate etichette francesi.
La prima e più importante innovazione fu l’utilizzo del solo vitigno Sangiovese in purezza, divenuto, nel corso degli anni, segno distintivo del Brunello di Montalcino.
A dir il vero, l’obbligo di produrre il Brunello utilizzando solo Sangiovese in purezza ha creato, pochi anni fa, qualche piccolo problema e accesi dibattiti. Qualcuno ha urlato allo scandalo, ma il termine mi sembra eccessivo. Alcuni indizi, hanno portato a sospettare l’utilizzo, da parte di un paio di produttori, di piccole percentuale di Merlot per “addolcire” il carattere non facile del Sangiovese. Alcune persone non amano parlare dell’incidente, per altro subito rientrato, ma è inutile nasconderlo. Anzi, a questo episodio và il merito di avere aperto (o riaperto) il dibattito che da molto tempo ruota intorno all’utilizzo in purezza del Sangiovese.

Chiusa la digressione, proseguiamo alla scoperta del Brunello. Nonostante le importanti innovazioni portate da Clemente Santi e nipote, il Brunello dovrà aspettare fino alla seconda metà del 1900, prima di diventare il famoso vino che oggi conosciamo. Un successo mondiale nato grazie alla sapiente opera di comunicazione e commercializzazione di alcuni importatori. Una lezione che molti produttori di altri grandi vini italiani devono ancora imparare: in vigna ed in cantina si realizzano i grandi vini, ma è una sapiente comunicazione che rende i vini grandi!

A Montalcino, più che in altre zone, il territorio, ed in particolare la posizione geografica dei vigneti è di fondamentale importanza. Tenendo fermo l’uvaggio, che deve essere uguale per tutti i produttori, nel bicchiere si possono apprezzare e scoprire le differenze derivanti dalle diverse tipologie di terreno e dalle diverse esposizioni.

Rispetto ai “cugini” toscani, il Brunello di Montalcino ha il grande merito di presentare una grande omogeneità qualitativa tra le diverse aziende. La maggior parte dei produttori realizza vini di alto livello e sono poche le voci stonate.

Il Brunello di Montalcino è un vino da lungo invecchiamento. Può stare in cantina da un minimo di 10 ad oltre 30 anni, a seconda dell’annata e del produttore.
Non a caso è tra i vini, il cui disciplinare stabilisce lunghi periodi di affinamento prima dell’entrata in commercio: cinque anni dalla vendemmia (dei quali almeno due anni in botti di rovere e quattro mesi in bottiglia) (sei mesi per la Riserva), che salgono a sei anni per la Riserva.

Passando, finalmente, al bicchiere, il Brunello di Montalcino è un vino che, con un piccolo allenamento gusto-olfattivo, si riconosce abbastanza facilmente. Ha una sua “impronta” precisa e definita. Il Sangiovese c’è e si fa sentire, mostrando tutti i suoi caratteri distintivi. Profumi fruttati e floreali che non devono essere sovrastati dal legno delle barrique. Il colore rosso rubino intenso, con il passare degli anni tende al granato. Al palato, specie nei vini più giovani, si percepisce la presenza (che però non deve essere invadente) dei tannini, accompagnata da una buona acidità, tipica del Sangiovese. A tavola, si può spaziare attraverso tutti i piatti più saporiti della cucina toscana e non solo. Oltre all’immancabile Fiorentina, da provare con la selvaggina sia di pelo (es. cinghiale) sia di piuma (es. fagiano) o con un buon brasato.

Come per i più grandi vini rossi, anche per il Brunello sono importanti la giusta temperatura di servizio ed i giusti bicchieri. Come già detto altre volte: mai (e sottolineo mai) servire un vino rosso alla famigerata “temperatura ambiente”. Vini come il Brunello di Montalcino devono essere serviti ad una temperatura di 18°, ed è praticamente impossibile trovare una stanza a tale temperatura. Al ristorante esigete che la temperatura sia quella giusta: non vergognandovi di chiedere un termometro per verificare di persona. In caso contrario, rimandatela indietro. Considerato il prezzo che a fine cena ritroverete nel conto, ne avete tutti i diritti.

Il Rosso di Montalcino.
Offuscato dalla fama del Brunello, il Rosso di Montalcino fa fatica ad emergere. Considerato da molti come un’alternativa più economica rispetto al fratello maggiore, il Rosso ha una sua precisa identità. Un vino più leggero e meno impegnativo, adatto a momenti più informali e piatti più semplici, da riscoprire e rivalutare.

Aziende:
Biondi Santi, Banfi, Ciacci Piccolomini, Tenuta Col d’Orcia.

Valutazione delle annate del Brunello di Montalcino (fonte Consorzio di Tutela)

Valutazione delle annate del Brunello di Montalcino (fonte Consorzio di Tutela)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Danilo della Mura