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2 – Che cosa è un vino spumante

2 – Che cosa è un vino spumante

Champagne, Metodo Classico ed il vasto mondo delle Bollicine

Lo spumante è la tipologia di vino più stappata, più bevuta, più famosa al mondo, ma anche una tra le meno conosciute.
Alzi la mano chi non ha mai acquistato, stappato, bevuto un bicchiere di “vino spumante”. Lo so, i più esperti, i soloni del vino, i sommelier stanno già corrugando la fronte e sollevando entrambe le sopraciglia: “Ma come si esprime questo: …bicchiere…vino spumante…”

La mia è, volutamente, una provocazione. Molti al posto del termine “spumante” userebbero il più elegante Champagne o il più tecnico “Metodo Classico”. Gli amici del Veneto preferirebbero parlare di “Prosecco”. A pochi suonerebbe familiare il termine “Talento” oppure “Cava”. Pochissimi sapranno spiegare cosa è un “cruasè”.

Ecco perché ho deciso di aprire questa serie di articoli, dedicati al vasto mondo del vino, presentando il vino più bevuto al mondo, sinonimo ed icona di mondanità, feste e festeggiamenti. E nello specifico, ho scelto di introdurre questo vino con una definizione semplice, precisa: “vino spumante”.

Ma cosa è un vino spumante?

Per iniziare, cominciamo con il dire che le bollicine sono il risultato della presenza di anidride carbonica (CO2) all’interno del vino.  Ma non tutti i vini con le bollicine sono vini spumanti. Prendiamo ad esempio una bottiglia di Lambrusco, una buona Barbera “mossa” o un Gutturnio. Sono tre tipologie di vino con le bollicine, ma non sono vini spumanti, bensì vini frizzanti. La differenza è nella pressione esercitata dall’anidride carbonica all’interno della bottiglia. Nel caso dei vini frizzanti la pressione si aggira tra 1 e 2,5 atmosfere. I vini spumanti devono, per legge, avere una pressione superiore alle 3 atmosfere. Per questo motivo, la maggior parte delle bottiglie di vino spumante presentano un tappo diverso, il tipico “tappo a fungo” di sughero, trattenuto alla bottiglia dall’altrettanto tipica gabbietta metallica.

A questo punto entriamo, di fatto, nel grande labirinto dei vini spumanti. Un intricato quanto affascinante percorso, costellato di bivi e biforcazioni, che ci porteranno verso vini con caratteristiche, caratteri e personalità diverse.

La prima diramazione:  vini spumanti artificiali e i vini spumanti naturali. In verità, è difficile imbattersi nei primi. Si tratta di vini di bassa qualità, con bollicine grossolane, ideale per effetti scenografici tipo “pilota di formula 1”, ma niente più. Si trovano al banco del Tiro al Segno del Luna Park, come premio per chi fa centro. Quasi sempre presentano un dozzinale tappo in plastica invece del più pregiato tappo in sughero. Sono prodotti mediocri, vini ottenuti addizionando l’anidride carbonica, insuflandola con appositi saturatori, in modo, per l’appunto, artificiale. Nella maggior parte si tratta di vini dolci, anzi dolciastri, i quali, purtroppo, hanno danneggiato l’immagine di grandi vini spumanti dolci, di qualità.

Nei vini spumanti naturali, invece, l’anidride carbonica si forma, come suggerisce il nome stesso, in modo naturale, per rifermentazione. E qui facciamo una piccola digressione tecnica, che ci tornerà utile anche in seguito. Che cosa è il vino? Per sommi capi, possiamo definire il vino come una bevanda alcolica ottenuta dalla fermentazione del mosto ottenuto dalla pigiatura dell’uva. A sua volta la fermentazione può essere definita come un processo biochimico attraverso il quale gli zuccheri, contenuti nell’uva e quindi nel mosto, vengono trasformati in alcol e anidride carbonica. Artefici di questa trasformazione sono gli enzimi, prodotti dai lieviti. Quindi tutti i vini, rossi o bianchi, fermi o mossi, dolci o secchi, sono il risultato di una fermentazione.  Fine della digressione.

I vini spumanti sono frutto di una rifermentazione, detta anche seconda fermentazione, grazie alla quale, come già anticipato, si sviluppa l’anidride carbonica che dà vita alle bollicine.

Ed eccoci al secondo bivio. La rifermentazione può avvenire in base a due metodi: il Metodo Classico, detto anche Metodo Tradizionale o Metodo Champenoise perché utilizzato per produrre lo Champagne; il metodo Martinotti o Charmat. Due metodi diversi, utilizzati per distinte tipologie di vitigno, dai quali nascono vini con differenti personalità.

Con il metodo classico la rifermentazione avviene in bottiglia, la stessa bottiglia che arriverà a noi consumatori finali. Conosciuto anche come metodo Champenoise è il metodo utilizzato per produrre vini spumanti importanti, capaci di lunghi invecchiamenti. Vini  “a tutto pasto”, dall’aperitivo al dolce, per accompagnare piatti importanti o insoliti e innovativi abbinamenti.

Con il metodo Martinotti o Charmat, invece, la rifermentazione avviene in autoclave. Il vino, dopo la prima fermentazione viene posto in grandi contenitori di acciaio, dove avviene la seconda rifermentazione. Un metodo più facile, più economico, ma non di minor qualità. Con questo metodo vengono prodotti grandi vini come il Prosecco di Conegliano-Valdobiadene, l’Asti Spumante ed Brachetto d’Acqui, tre importanti DOCG italiane. Il Martinotti-Charmat è ideale per realizzare vini dai profumi freschi e floreali, e per produrre vini spumanti dolci. Vini che vanno consumati giovani, ideali per aperitivi, per accompagnare dolci al cucchiaio o da forno. Una piccola digressione per spiegare il doppio nome Martinotti-Charmat: il primo è il nome di un italiano, ritenuto il vero inventore di questo metodo di spumantizzazione, ma senza brevettarlo; il secondo, un francese, che invece ha pensato bene di brevettarlo.

Bene. Arrivati a questo punto, non ci resta che andare a tavola, per scoprire le altre diramazioni di questo fantastico mondo delle bollicine. Andiamo a scoprire i Colori ed i Sapori delle Bollicine.

Danilo della Mura

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