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1- Nebbiolo, vitigno nobile

1- Nebbiolo, vitigno nobile

Una storia affascinante

Fatica e nobiltà. Vita dei campi e vita di corte. Nel Nebbiolo si intrecciano affascinanti contraddizioni che creano, aumentano ed esaltano il fascino di questo vitigno. Un vitigno duro, austero, scontroso. Matura tardi, e per questo vuole, anzi pretende, terreni e condizioni climatiche ben precise. Non a caso, lo si ritrova in una ristretta area, che va dalle Langhe in Piemonte, fino alle impervie montagne della Valtellina, passando per le provincie di Novara e di Vercelli, sfiorando la Valle d’Aosta.

Zone difficili, altro che le dolci colline della Toscana, o le calde temperature del sud. Dove si coltiva il Nebbiolo la parola d’ordine è fatica e sudore. In Valtellina, dove il Nebbiolo prende il nome di Chiavennasca, i vigneti sono letteralmente aggrappati alle ripidi pareti delle montagne. Durante la vendemmia, per portare l’uva a valle non è insolito ricorrere all’utilizzo degli elicotteri.

Tanta fatica, ben sintetizzata nel nome stesso di questa uva: Nebbiolo. Come la nebbia d’autunno inoltrato, che cala sui campi quando i contadini raccolgono i grappoli di questo vitigno tardo a maturare.

Vitigno storico il Nebbiolo, conosciuto probabilmente già da Plinio il Vecchio. Nel 1200 le prime notizie scritte. Ma il Nebbiolo, il vino Nebbiolo, come lo conosciamo noi, è un vino relativamente giovane, risalente a oltre 150 anni fa. Sì, proprio come gli anni dello Stato Italiano. E non è un caso.

Camillo Benso di CavourLa storia del Nebbiolo, il vino Nebbiolo, che tutti conoscono e, spero, almeno una volta hanno avuto il piacere di degustarlo, è strettamente legata alla nascita dell’Italia unita, ed ad un personaggio in particolare: Camillo Benso Conte di Cavour. I Savoia, aspiranti reali d’Italia e in perenne competizione con i cugini francesi, erano alla continua ricerca di segni distintivi. Tra i quali non poteva mancare un grande vino in grado di ben figurare con i rossi di Bordeaux.

E così, mentre si buttavano le basi per l’Italia Unita, il vino Nebbiolo, da “brutto anatroccolo” si trasformò in uno splendido cigno dal colore rosso granato. Da vino poco più che dozzinale, non idoneo all’invecchiamento con forti residui zuccherini, a metà del XIX secolo, il nebbiolo diventerà quel fantastico vino secco, corposo, robusto, da lungo invecchiamento, quale è il Barolo.

Ma il nebbiolo non è solo Barolo.
Rimanendo nelle Langhe incontriamo l’elegante Barbaresco.
Più a nord, sempre in Piemonte tra le provincie di Novara e Vercelli il vitigno nebbiolo prende il nome di Spanna, dal quale si ottengono vini come il Ghemme ed il Gattinara.
Più a nord, in Valle d’Aosta, il Nebbiolo prende il nome di Picotener o Picotendro, per dare vita a vini estremamente eleganti, specie se vinificati insieme ad un altro grande vitigno come il Pinot Nero.
E poi c’è lui, l’altro grande Nebbiolo, il Nebbiolo della Valtellina, localmente chiamato Chiavennasca. Da esso nascono due grandi vini: il Valtellina Superiore e lo Sfursat meglio conosciuto come Sforzato. Il nome di quest’ultimo eccellente vino, deriva dal particolare sistema produzione. Dopo la vendemmia, si selezionano solo i migliori grappoli, che saranno stesi su appositi graticci, per l’appassimento, al fine di concentrare la componente zuccherina contenuta nell’uva. Un vino unico, lo Sfursat, da bere da solo, senza alcun abbinamento, come un grande vino da meditazione.

Danilo della Mura

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